
Il de profundis al Reddito di Cittadinanza lo ha intonato ieri l’Inps. Secondo l’ultimo studio dell’istituto di previdenza, infatti, il 15-20% dell’attuale platea degli occupabili ha fatto ricorso al lavoro nero durante i mesi in cui ha usufruito del sussidio varato dal Governo Conte I. Questa stima scaturisce a una settimana dal via del Supporto per la Formazione e il Lavoro (Sfl), il nuovo aiuto destinato agli “attivabili” (ne abbiamo parlato, tra l’altro, qui) che ha raccolto circa 40mila domande, ma a fronte di 150mila percettori del Reddito. Il gap, stando alle prime analisi, è dovuto proprio al massiccio ricorso al lavoro nero che è servito ad arrotondare il Reddito.
Pesa senz’altro questo fattore. Ma c’è da dire che non è l’unico ad intervenire. Le rinunce tra il vecchio e nuovo sussidio dipendono anche da chi in quest’arco di tempo ha visto peggiorare la propria condizione di disagio sociale. Da chi non rientra nei nuovi parametri Isee previsti dal governo Meloni per usufruire del Sfl (l’indicatore non deve superare i 6mila euro). Da chi, infine, nell’ultimo mese, ha trovato un impiego regolare ma ancora non ha firmato il contratto.
In ogni caso, il Supporto per la Formazione e il Lavoro sta facendo emergere la quota di lavoro nero nascosta dal Reddito di Cittadinanza. Ma come? La chiave di volta, secondo l’Inps, è presto detta: i 350 euro del Sfl vengono erogati solo a chi firma patti di attivazione e partecipa ai percorsi di formazione e riqualificazione. Un obbligo che, evidentemente, non si concilia con gli impegni di chi svolge un’attività sommersa per parte della giornata.
Ricapitolando, in ogni caso, i numeri: sono circa 250mila i nuclei che hanno percepito il Reddito di Cittadinanza e che al loro interno presentano componenti che possono potenzialmente accedere al Supporto per la Formazione e il Lavoro (vedi qui). Ai restanti 750mila verrà destinato l’Assegno di Inclusione di 500 euro.
Ma quali sono le criticità che permangono? Di sicuro quelle delle offerte di lavoro. La distribuzione geografica delle offerte di lavoro pubblicate sulla piattaforma del Sistema Informativo per l’Inclusione sociale e lavorativa, come era facilmente pronosticabile, non è uniforme: esse si concentrano soprattutto al Nord, mentre gli occupabili in uscita dal Redito sono più numerosi al Sud. Per la precisione: gli annunci pubblicati dal Sistema sono poco più di 20mila per circa 60 mila posti di lavoro e il 65% delle offerte viene da aziende del Nord. Dall’Inps, però, assicurano che si tratta di un disequilibrio che si mitigherà col tempo.