
In Italia il gender gap nel mondo del lavoro continua ad essere consistente. A certificarlo è il Rendiconto di genere presentato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps. Le donne hanno un tasso di occupazione di quasi 18 punti inferiore a quello degli uomini e quando lavorano hanno in media una retribuzione giornaliera di circa il 20% più bassa dei loro colleghi.
Questo dipende da vari fattori tra i quali il maggiore utilizzo del part time tra le donne, i più bassi livelli di qualifica e il minor ricorso agli straordinari. Ma non solo: pur essendo mediamente più istruite, fanno più fatica a fare carriera. Solo il 21% dei dirigenti e il 32,4% dei quadri, infatti, è donna.
Intanto, nella classifica sull’ampiezza del divario di genere in tutto il mondo realizzata dal Wef, nel 2024, l’Italia ricopre l’87esima posizione.
Questo, nonostante la proroga della legge Golfo-Mosca sulle quote di genere nei CdA, è stata approvata all’unanimità la legge Gribaudo, che favorisce la parità retributiva tra i sessi e le pari opportunità sul lavoro. Ma non solo: per combattere il gender gap, sii era pensato anche al Pnrr italiano, il quale ha destinato oltre il 20% delle sue risorse (circa 38,5 miliardi di euro) a interventi che mirano a ridurre il divario di genere, con l’obiettivo di migliorare le opportunità per le donne in vari ambiti. Evidentemente, però, il percorso da fare è ancora lungo.