
L’introduzione del salario minimo non potrà essere la panacea di tutti i mali che conducono al lavoro povero. Ad affermarlo sono Michele Tiraboschi e Francesco Lombardo, due esperti di Adapt, l’Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni industriali fondata nel 2000 da Marco Biagi.
I due ricercatori hanno preso in esame 11 contratti collettivi nazionali tra i più applicati tanto nei settori forti (per il rischio sganciamento dal sistema contrattuale), che nei settori deboli (per valutare l’incidenza del salario minimo) e si sono focalizzati sul trattamento economico complessivo che la proposta di legge avanzata dal centrosinistra definisce come sommatoria di trattamento minimo tabellare degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità contrattuali fisse e continuative dovute in relazione all’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa.
Sono giunti alla conclusione, quindi, che nessuno degli 11 Ccnl maggiormente applicati prevede un trattamento economico complessivo inferiore ai 9 euro lordi omnicomprensivi l’ora.
In altre parole: stando così le cose, i contratti battono il salario minimo a 9 euro. Per i lavoratori, sono più vantaggiosi.
Più nello specifico: per i riders con bici al primo livello, si prevedono 11,20 euro l’ora; per gli imballatori della distribuzione moderna organizzata, 10,25; per gli addetti alla macchina di confezionamento dell’industria alimentare, 11,11. La media degli 11 contratti collettivi nazionali più applicati in Italia nei settori forti e in quelli deboli presi in esame da Tiraboschi e Lombardo è di 10,29 euro l’ora.
Allora, secondo loro, da dove trae origine il lavoro povero? Essenzialmente, da 5 fattori. Il lavoro irregolare che lascia i lavoratori privi di tutele, compresa quella dei salari minimi; l’elevato numero di contratti pirata, vale a dire contratti collettivi minoritari alternativi ai Ccnl tradizionali; la discontinuità e la frammentarietà dei rapporti di lavoro; il basso numero di ore lavorate. E, infine, l’uso distorto di istituti giuridici come, ad esempio, i tirocini extracurriculari.