Quanti sono i baby pensionati italiani? Circa un anno e mezzo fa, erano ancora oltre 330 mila gli assegni pagati dall’Inps a persone andate in pensione nel 1980, o ancora prima, grazie a requisiti iper favorevoli. Ma, nonostante la lenta salita dell’asticella anagrafica previdenziale per effetto del ciclo di riforme degli anni Novanta e Duemila conclusosi con la legge Fornero (sebbene interessata da diverse deroghe a colpi di Quote), un gruppo sostanzioso di privilegiati resiste ancora.
Dall’ultimo monitoraggio dell’Inps sui flussi di pensionamento emerge che, al netto dei dipendenti pubblici, è destinato a soggetti con un’età inferiore ai 64 anni il 17,5% dei 17,7 milioni di trattamenti complessivamente erogati dalle gestioni dei lavoratori privati e autonomi dell’ente (per un costo di 248,7 miliardi) a tutto il primo gennaio 2024. Si tratta di 3,1 milioni di assegni, con una quota significativa di “invalidità”, che lievitano a oltre 5,4 milioni considerando anche la fascia di beneficiari tra 65 e 69 anni.
Nel solo 2023, dalle stesse gestioni, sono state pagate oltre 1,3 milioni di nuove pensioni (per una spesa di 14,3 miliardi), il 48,6% delle quali di tipo assistenziale. E, con lo scemare degli effetti di Quota 100, sostituita in rapida successione da Quota 102 e poi da Quota 103, la fetta degli assegni anticipati si è ridotta al 27,8%, pesando comunque per il 46% su tutto il conto delle prestazioni esclusivamente previdenziali.
Ma attualmente qual è l’età media dei pensionati italiani? Essa è di 74,1 anni (71,5 anni per gli uomini e 76,2 anni per le donne). L’Inps, però, nell’ultimo dossier del suo Osservatorio, osserva che, sul solo versante dei trattamenti di vecchiaia, il 25% degli assegni è erogato a persone di età inferiore a 70 anni. Una percentuale che si alza fino al 27,4% per i pensionati di vecchiaia di sesso maschile.
“Ciò – afferma l’Istituto – è giustificato dall’elevato numero di pensioni di anzianità liquidate negli anni passati”. I trattamenti di natura prettamente previdenziale versati dall’Inps attraverso le gestioni dei dipendenti privati e degli autonomi sono 13,6 milioni. E il 37,1%, pari a più di 5 milioni di prestazioni, è riconducibile ad assegni d’anzianità o comunque in forma anticipata.
L’Inps, poi, fa notare anche che a beneficiare di circa il 73,8% delle pensioni di anzianità o anticipate sono soggetti di sesso maschile, mentre per i trattamenti di vecchiaia veri e propri questa percentuale si abbassa al 38,1%. Gli altri 4,1 milioni di trattamenti, il 23,3% del totale, hanno una fisionomia chiaramente assistenziale: sono quelli erogati dall’Istituto a sostegno di situazioni di invalidità o di disagio economico, come le prestazioni agli invalidi civili, comprese le indennità di accompagnamento e pensioni e assegni sociali. Ben il 48% di questo bacino è destinato a persone con un’età inferiore ai 69 anni, mentre nel caso delle invalidità si arriva a quota 63%.
Sta di fatto che con lo stop a Quota 100 e il ricorso a Quota 102 e Quota 103, la corsa ai pensionamenti anticipati ha subito un chiaro rallentamento, anche nel pubblico impiego dove Quota 100 ha avuto un certo appeal. L’ultima rilevazione dell’Inps su quest’ultimo versante ha registrato una riduzione dei nuovi trattamenti anticipati liquidati ai dipendenti pubblici: sono scesi dai 74.253 con decorrenza 2022 ai 56.913 con decorrenza 2023. L’età media di accesso in anticipo alla pensione, sempre alla decorrenza, è rimasta però invariata: 62,3 anni. Un livello più basso dell’età media di pensionamento nell’area Ocse: 64,4 anni nel 2022 per gli uomini entrati a 22 anni nel mondo del lavoro.
La stessa Ocse, però, ha sottolineato come i cosiddetti “millennials” italiani siano destinati ad approdare alla pensione non prima dei 71 anni, la soglia più alta dopo la Danimarca. In ogni caso, nell’ultimo rapporto di Itinerari previdenziali, si evidenzia che una delle maggiori criticità del sistema pensionistico italiano resta l’elevato numero di norme che hanno previsto anticipi rispetto all’età legale di pensionamento: un’autentica giungla pensionistica, che ha prodotto, in uno dei Paesi più longevi al mondo, un abbassamento dell’età effettiva di pensionamento.