
Questa è un’estate record per il turismo italiano. Nonostante gli eventi climatici estremi che a nord hanno portato piogge torrenziali e al Sud un caldo infernale, città d’arte e località turistiche sia di mare che di montagna fanno registrare il pienone. Ancora una volta, quindi, si conferma che il paesaggio e la cultura del Bel Paese rappresentano il suo vero petrolio. Qualche tempo fa, Giulio Tremonti, nelle vesti di ministro dell’economia, dichiarò che con la cultura non si mangiava. Numeri alla mano, non è così.
Ma fino a che punto si è messo a sistema questo indotto? Stando ai dati della 13esima edizione del Rapporto annuale di Fondazione Symbola e Unioncamere relativi al 2022, il sistema produttivo culturale e creativo dell’Italia vale 95,5 miliardi di euro. Vale a dire il 5,6% del valore aggiunto complessivo del nostro Paese.
Il settore culturale, si legge nel Rapporto, offre lavoro a quasi un milione e mezzo di persone (il 5,8% degli occupati) con Milano che si classifica prima per incidenza nella filiera in termini di valore aggiunto e occupazione e con l’intera Lombardia a classificarsi prima tra le regioni. Essa, poi, assieme al Lazio, è la regione che produce più ricchezza con la cultura.
A tal proposito, è importante sottolineare che esiste un “fattore moltiplicativo” secondo il quale, per ogni euro prodotto dal sistema produttivi culturale e creativo, se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia. Agli 88,6 miliardi di euro prodotti, quindi, se ne aggiungono altri 162,9 arrivando a un totale di 251,5 miliardi di euro del totale della filiera. Da notare, poi, che le regioni del Mezzogiorno mostrano quasi ovunque un ritardo, nonostante l’immenso bagaglio culturale e artistico che le caratterizza: nel 2021, il valore aggiunto di cultura e creatività al Sud pesa per il 3,8% sul totale dell’economia contro il 5,6% nazionale.