
L’ufficio di statistica europeo dell’Eurostat ha aggiornato i dati sulla retribuzione netta media nei Paesi Ocse parametrata al potere d’acquisto. L’analisi ci dice, quindi, esattamente quanto si guadagna davvero. Cioè quanto è il nostro vero potere d’acquisto, secondo un calcolo medio delle retribuzioni nette nel nostro Paese, per acquistare beni e servizi.
Ebbene: l’Italia è messa male: è ultima tra i grandi Paesi occidentali, dietro a Francia, Germania e Spagna, che per economie e modello di sviluppo, demografia e stato sociale, somigliano a noi (qui la classifica in valori assoluti dei principali Paesi).
I dati si riferiscono all’anno 2023, l’ultimo disponibile confrontando i valori nei Paesi Ocse e sono stati estratti grazie al Purchasing Power Standard (PPS), una valuta artificiale che certifica lo stesso potere d’acquisto in tutti i Paesi. Mille PPS in Italia ci permettono di acquistare gli stessi beni e servizi di mille PPS in Svizzera. La conversione tra euro (o un’altra valuta) non è costante ma cambia per ogni Paese.
In questo modo possiamo vedere i reali dati su quanto si guadagna in Italia e nel resto dei Paesi avanzati. E c’è da dire che la classifica si riferisce alla retribuzione netta di una persona single senza figli.
Ebbene: nell’Unione europea, nel 2023, è stata di 27,5 mila PPS, contro una media italiana di circa 24 mila PPS. La media dell’Ue è del 15% maggiore di quella italiana.
La Svizzera svetta in testa con oltre 47 mila PPS di stipendio netto medio. A seguire i Paesi Bassi con oltre 38mila, la Norvegia, il Lussemburgo, l’Austria e la Germania (con quasi 35mila PPS all’anno).
In quest’ultimo Paese, in particolare, lo stipendio medio per una persona single senza figli è di 34,9 mila PPS, in Francia di 28,5 mila PPS e in Spagna di 24,5 mila.
Lo stipendio medio tedesco, quindi, è maggiore a quello italiano addirittura del 45%, quello francese del 18% e quello spagnolo del 2%. Tra i grandi Paesi europei, l’Italia è dove si guadagna di meno a parità di costo della vita.
Ma perché? I bonus e le detrazioni che si sono stratificati negli anni hanno creato una tassazione dei redditi da lavoro caotica. Ci sono casi in cui a un aumento dello stipendio lordo corrisponde una diminuzione di quello netto. Queste modifiche hanno ignorato le fasce di reddito medio-alto (sopra i 40.000 euro lordi annui, corrispondenti a circa 2.100 euro netti mensili). Un lavoratore che guadagna 50.000 euro si trova così a pagare la stessa imposta marginale di un dirigente che ne guadagna 200.000 euro. Un’anomalia dell’Irpef italiana è quella di avere la soglia dello scaglione maggiore a un livello molto basso; questo livello era 75.000 euro ma è stato ridotto ulteriormente a 50.000 euro nel 2021.
Anche per questo, quindi, i talenti decidono di trasferirsi altrove, in base alla qualità della vita che quel Paese offre loro. Dipende da una molteplicità di fattori ogni scelta di vita, certo: la disponibilità di servizi, le reti sociali, la famiglia e la soddisfazione personale. Ma è indubitabile che il salario e le tasse pagate sui redditi giochino un ruolo decisivo. I giovani hanno meno necessità di servizi: necessitano meno di servizi sanitari e, non avendo ancora figli, di servizi per l’infanzia. Inoltre, per loro, un altro fattore fondamentale è la formazione, dato che un lavoro che insegna competenze importanti può garantire un salario più alto in futuro.