Dopo la strage di Brandizzo, anche questa settimana è stata segnata da un numero impressionante di morti sul posto di lavoro. Solo stando a ieri, si sono registrati ben cinque decessi. Così, proteste e scioperi si annunciano in tutt’Italia. Ma come mai, pur con l’intervento di due decreti legislativi (il 626/1994 e l’81/2008), l’Italia non riesce a debellare questa piaga?
Ora c’è chi vorrebbe introdurre il reato di omicidio sul lavoro. Il Pd, con Sandro Ruotolo, propone poi una Procura nazionale dedicata.
Ma serve fare altre leggi oppure far funzionare con più controlli quelle che già ci sono?
Il docente di Diritto del Lavoro Giorgio Fontana, su Repubblica, si è soffermato proprio su quest’aspetto: “Purtroppo – ha scritto il professore – è maturata la convinzione che i controlli sul lavoro siano sintomatici di ‘dirigismo’, di intervento dello Stato in una sfera privatistica, che le regole dovessero essere considerate come limitazioni indebite alla libertà d’impresa o contrattuale. Questo modello culturale ha investito l’intera società e anche l’amministrazione pubblica e la stessa legislazione, con la conseguenza che gli uffici ispettivi sono stati costantemente sotto-finanziati, ridotti a nuclei sempre più ridotti. L’acredine e il dileggio nei confronti delle funzioni pubbliche ispettive ha rappresentato una costante da parte di molti protagonisti della vita pubblica e di tanti opinion leader, per non parlare dei cosiddetti social. Ma questo, nascondendo o ignorando le conseguenze: quando la repressione, i controlli e il ruolo ‘difensivo’ dei rappresentanti sindacali viene meno, inevitabilmente, si registra un aumento delle violazioni, degli infortuni e delle malattie professionali”.
Ma non è tutto: secondo Fontana, “l’ideologia antistatalista ha preso il sopravvento anche nella magistratura che ha allentato i controlli ed è passata da un atteggiamento pro-labour a una posizione che potrebbe dirsi pro-business scoraggiando il ricorso alla giustizia dei lavoratori per combattere nocività, insicurezza e precarietà del lavoro”.
Sta di fatto che le statistiche parlano chiaro: secondo i dati Inail, in venti anni, non siamo riusciti a ridurre i morti sul lavoro. Cosa fare allora? A ben vedere, nel 2021, anche la Commissione europea ha suggerito di incrementare i controlli. E di puntare su tre misure. La prima: incentivi per stabilire piani comprensivi per la salute e la sicurezza tra datori di lavoro e sindacati. La seconda: aumento delle ispezioni regolari con maggior frequenza nei settori più a rischio includendo i rappresentanti sindacali. La terza: raggiungimento del target dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro di un ispettore ogni 10mila lavoratori. Qualcosa, evidentemente, resta ancora da fare.
Sicurezza sul lavoro, spunta la bozza che taglia la formazione dei lavoratori
Anche oggi ci saranno quattro morti sul lavoro