Quasi sette giovani su dieci (68,3%) sono emigrati per motivazioni legate al lavoro o di studio mentre uno su quattro (25,8%) lo ha fatto per trovare una migliore qualità della vita o un contesto più in linea con i propri valori. Solo il 5,9% per ragioni familiari. E ben pochi hanno voglia di tornare in Italia. E’ quanto emerge da una indagine di Fondazione Nord Est sui giovani.
Quasi nove giovani expat su dieci ritengono che il futuro sia frutto del proprio impegno e sette su dieci che sarà felice e ricco di opportunità; infine, due su tre ritengono che sarà migliore. Quote che cadono nettamente se a rispondere sono i giovani rimasti a vivere al Nord: meno di sei su dieci credono che il futuro dipenda dal loro impegno e comunque meno di cinque su dieci pensa che sarà felice e solo tre su dieci che sarà ricco di opportunità.
Se l’incertezza è il tratto comune a tutti i giovani, i timori sono più diffusi tra quelli che abitano nel Settentrione d’Italia che tra i giovani expat: tre su dieci vedono il domani come pauroso, contro due su dieci tra gli expat; e due su dieci che sarà povero e senza lavoro, contro nemmeno uno su dieci tra gli expat.
Cambiano nettamente anche le opinioni sul futuro sia dell’Italia, vista peggio da chi è andato via (il 59% ritiene che evolverà negativamente, contro il 48%), sia dell’Europa, che gli expat pensano sarà migliore (37%, contro 24% tra i residenti nel Nord del Paese).
Chi va via si rimette in gioco, e sa che altrove sono nettamente più elevate le possibilità di dimostrare il proprio valore e di ricevere in cambio il meritato riconoscimento. Infatti, nelle opinioni degli expat e dei “rimasti” è molto diversa la considerazione circa il merito. Tra chi è espatriato l’85% pensa che la meritocrazia sia minore in Italia rispetto agli altri paesi avanzati dove è andato, contro appena il 54% tra i residenti nel Nord Italia. Così per i primi la carenza di meritocrazia è stata forte ragione per andarsene.
Alle forti ragioni prioritarie che inducono ad andarsene fa da specchio la principale motivazione per rientrare. Tra i non tanti che si rivedono in Italia, in quasi i tre quarti dei casi (74,3%) il rimpatrio avviene per ragioni personali o familiari o per nostalgia del Belpaese. Solo il 7,1% risponde citando un’occasione di lavoro in Italia – intesa dunque in senso migliorativo rispetto alla propria situazione attuale all’estero. “Non tanti” perché appena il 16% dei rispondenti si immagina in Italia tra tre anni, mentre uno su due non si colloca geograficamente bensì professionalmente e uno su tre è convinto di rimanere all’estero.