L’Italia non è più un Paese che crede nel proprio futuro. Anzi, il contrario: soprattutto il suo ceto medio ha paura di impoverirsi, di stare sempre peggio. Addirittura il 76,1% degli italiani pensa che le generazioni future staranno peggio di quelle attuali. Del resto, il nostro è il Paese dove gli anziani sono più ricchi dei giovani e le diseguaglianze non accennano a diminuire.
A scattare questa fotografia è il Censis: nel Rapporto commissionato dal Cida (confederazione sindacale che rappresenta dirigenti e quadri del settore pubblico e privato), l’istituto saluta definitivamente i tempi dell’ascensore sociale sottolineando che “prevalgono la percezione di un declassamento socio-economico reale o potenziale e la convinzione che nella scala sociale sia molto difficile salire e molto facile scivolare in basso”.
Ma quante persone si sentono ceto medio? Il 60,5% degli italiani. Mentre si dichiara parte del ceto popolare il 33,8%, e solo il 5,7% di quello benestante. Nello specifico, sente di appartenere al ceto medio l’11,3% delle persone con un reddito annuo al massimo di 15 mila euro, il 46,4% tra 15 e 34 mila euro, il 26,7% tra 35 e 50 mila euro e il 15,6% oltre 50 mila euro. Sono più alte le quote al Centro (66,3%) e, in misura minore, nel Nord-Ovest (62,3%), meno nel Sud-Isole (55,5%), che ha una maggiore polarizzazione tra ceti popolari e benestanti. Tra gli anziani è più alta la quota che si sente di ceto medio (65,4%) rispetto a giovani (57,7%) e adulti (58,9%). Ed è alta la quota di pensionati che si sente di appartenere al ceto medio: il 65,2%.
Sta di fatto che la sensazione di scivolare verso il basso fa da freno, tanto che, sempre secondo il Censis, rischiamo di perdere il pilastro della nostra società e il motore della nostra economia. Il presidente del Cida Stefano Cuzzilla la mette così: “Più di un italiano su due prova un senso di regressione sociale e il 75% ritiene che sia sempre più difficile salire nella scala sociale. A me preoccupa soprattutto questa assenza di speranza nel futuro: se le aspettative calano, se non si crede più di poter migliorare la propria condizione, se si ritiene che le generazioni future staranno peggio di quelle attuali, sarà il Paese intero a pagare un prezzo altissimo”.
Stando all’istituto, il ceto medio è entrato in crisi soprattutto tra il 2008 e il 2014, quanto il Pil è crollato di 7,6 punti percentuali, la spesa per i consumi delle famiglie del 6,2% e il potere d’acquisto ha subito un taglio dell’8,8%. Una depressione dalla quale ci siamo ripresi molto faticosamente: l’Istat certifica che solo quest’anno l’Italia è tornata ai livelli di prodotto del 2007.
Ma da noi le disuguaglianze pesano di più: il 10% delle famiglie più benestanti possiede quote del totale della ricchezza pari rispettivamente al 53,9% in Francia, al 58,5% in Italia, al 61,2% in Germania e, in media nei Paesi dell’area euro, al 56%. È anche per questo, probabilmente, che il 54,2% degli italiani ha la sensazione di andare indietro nella scala sociale, e il 59,7% che il proprio tenore di vita sta calando.