Da una analisi sugli scenari dell’occupazione nei prossimi 5 anni compiuta da Unioncamere assieme al Ministero del Lavoro, si evince che la mancanza di lavoratori costa 44 miliardi al sistema Italia e che digitale e green saranno le competenze più richieste ai nuovi occupati. Questo perché, da qui al 2028, il mercato del lavoro è pronto ad esprimere un fabbisogno di personale compreso tra 3,1 milioni e 3,6 milioni di occupati, a seconda (naturalmente) dello scenario economico considerato.
E quindi: lo stock occupazionale 2023 potrebbe crescere, nel quinquennio, da un minimo di 238 mila unità in caso di andamento negativo fino a un massimo di 722 mila occupati in un contesto più favorevole.
Le necessità di sostituzione dei lavoratori in uscita determineranno la gran parte del fabbisogno: 2,9 milioni di unità nel quinquennio, pari ad una quota dell’80% nello scenario positivo e del 92% in quello negativo.
Ma cosa inciderà di più sul lavoro che verrà? Di sicuro, l’impatto delle risorse Pnrr. Ma anche i macro trend delle transizioni green e digitale, portando sia ad un innalzamento delle competenze verdi e digitali richieste sia alla nascita di nuove figure professionali. Si stima infatti che tra il 2024 e il 2028 il possesso di competenze green verrà domandato con importanza almeno intermedia ad oltre 2,3 milioni di lavoratori (quasi i due terzi del fabbisogno del quinquennio) e le competenze digitali a 2,1 milioni di occupati (oltre il 58% del fabbisogno totale).
Davanti a questo scenario, però, il report di Unioncamere sottolinea ancora una volta la difficoltà delle imprese a reperire il personale di cui hanno bisogno. Nel 2023, come accennato, il costo del mismatch è stimato 44 miliardi: il 2,5% del Pil italiano.
Dove si lavorerà di più? La locomotiva italiana sarà ancora la Lombardia, dove è stimato un fabbisogno di 669 mila occupati nello scenario positivo, oltre il 18% dell’intera domanda nazionale. A seguire ci sono Lazio (356 mila unità pari al 9,8%), Campania (320 mila unità, 8,8%), Emilia-Romagna (306 mila unità, 8,4%) e Veneto (302 mila unità, 8,3%).
Ma quali professioni saranno le più ricercate? Nel 2024-2028, per l’insieme dei settori privati e pubblici, circa il 41% del fabbisogno complessivo interesserà dirigenti, specialisti e tecnici (tra 1,3 e 1,5 milioni di unità); mentre le professioni commerciali e dei servizi assorbiranno il 19% del fabbisogno totale, gli impiegati il 15%, gli operai specializzati l’11% e i conduttori di impianti il 6%. Rispetto all’attuale struttura professionale, saranno destinate a crescere le professioni specialistiche e tecniche, ma anche quelle impiegatizie per effetto della domanda della Pubblica amministrazione.
Circa il 38% del fabbisogno occupazionale del quinquennio, poi, riguarderà professioni con una formazione terziaria (laurea, diploma Its Academy o Afam), il 4% profili con un diploma liceale e il 46% personale in possesso di una formazione tecnico-professionale.
Per quanto riguarda la formazione terziaria, infine, le aziende andranno a caccia di titoli Stem, dove si concentra però un forte mismatch: ogni anno potrebbero infatti mancare tra 8 mila e 17 mila giovani. Per quanto riguarda gli altri indirizzi, è attesa una carenza di offerta per insegnamento e formazione (mancheranno tra 9 mila e 12 mila giovani), economico-statistico (5-11 mila) e medico-sanitario (circa 7 mila). Anche per la formazione tecnico-professionale è prevista una carenza di offerta, che riguarderà sia i percorsi quinquennali (mancheranno tra 13mila e 42mila giovani all’anno) sia quelli di Istruzione e Formazione Professionale, con un’offerta in grado di coprire poco più della metà dei fabbisogni.
La formazione, questa sconosciuta - Il Mondo del Lavoro