Lo studio “Italy’s best 100 employers for women” dell’Istituto tedesco Qualità e Finanza indica che offrire un ambiente di lavoro accogliente e stimolante è diventato un obbligo per quelle aziende che puntano ad assicurarsi una forza lavoro competente e motivata. Questa idea è ormai ampiamente diffusa nel panorama aziendale italiano e ne è testimonianza il fatto che numerose imprese non si limitino a una generica soddisfazione dei propri dipendenti, ma puntino ad attrarre le donne con politiche mirate.
Così l’istituto ha pubblicato l’elenco delle cento aziende premiate in ordine alfabetico, per spostare l’attenzione lontano da una mentalità competitiva ed evidenziando l’impegno collettivo di tutte le aziende.
“Creare un ambiente di lavoro – ha avuto modo di spiegare Christian Bieker, direttore generale dell’Istituto Tedesco Qualità e Finanza – che risponda alle esigenze delle donne è un elemento imprescindibile per la crescita e l’innovazione aziendale. Le donne rappresentano una parte essenziale della forza lavoro e il loro contributo è determinante per affrontare le sfide di un mercato sempre più complesso. Implementare politiche che promuovano la parità di genere, il bilanciamento tra vita privata e professionale e lo sviluppo di carriera non è solo una responsabilità sociale, ma anche un investimento strategico. Un ambiente inclusivo è la base per attrarre i migliori talenti, migliorare la produttività e costruire un’azienda capace di rispondere alle esigenze del futuro”.
Quasi tutte le aziende premiate sono di grandi dimensioni e ben conosciute: ci sono Ibm, Ferrero, Intesa Sanpaolo e Technogym. Non mancano però realtà meno note, a conferma del fatto che la ricerca di un ambiente di lavoro favorevole alle donne venga preso sul serio trasversalmente. La bolognese Gallery Holding, che controlla un network di oltre 150 negozi, rientra nel gruppo delle 100 aziende selezionate, così come lo specialista di logistica attivo nel Nord-est Itt Italia e la catanese Sielte, che produce reti telefoniche.
Gli sforzi messi in campo non significano però che sul posto di lavoro si sia raggiunto un equilibrio fra donne e uomini, né sul fronte delle retribuzioni né su quello degli avanzamenti di carriera. Secondo il Rendiconto sociale dell’Inps, nel 2023 la retribuzione media giornaliera delle donne nel settore privato è stata pari a 77,6 euro contro i 104,4 degli uomini. Questa differenza è particolarmente ampia in settori come l’ immobiliare, dove gli uomini guadagnano 126,6 euro al giorno mentre le donne si fermano a 75,1 euro.
Esiste un unico settore dove le buste paga delle dipendenti donne sono più alte: è quello dell’estrazione dalle cave e dalle miniere, dove le prime arrivano a 169,4 euro e i secondi a 165,5 euro. Nell’ampio settore manifatturiero ledonne prendono in media 91,9 euro contro i 115,2 degli uomini. Nel commercio il divario si attesta a 73,1 euro contro 95,7 euro.
Il discorso è differente nel pubblico dove, come noto, a parità di mansione non esiste differenza di retribuzione.
Nonostante ciò, l’Inps rileva un divario: le donne prendono in media 110,5 euro al giorno e gli uomini 141,2 euro. Gli insegnanti sono praticamente alla pari (96,4 euro medi per le donne e 97,1 per gli uomini), mentre la forbice aumenta all’università (148,6 euro al giorno le donne, 183,3 gli uomini). Nel mezzo si trovano le amministrazioni centrali, magistratura e autorità indipendenti con 149 euro al giorno per le donne e 159,4 per gli uomini. Queste differenza trovano spiegazione nel fatto che gli uomini sono maggiormente presenti nelle posizioni apicali.
Un fenomeno particolarmente evidente nel privato. Secondo il Gender diversity index (Gdi), lo studio europeo della Ewob, l’associazione European Women on Boards che ogni anno analizza la distribuzione per genere nei consigli di amministrazione e nei vertici aziendali delle più grandi realtà europee, nel 2021 la percentuale di donne nei consigli di amministrazione si era attestata al 35% (un solo punto in più rispetto all’anno precedente) e solo il 7% delle aziende era guidata da un chief executive officer donna, valore che in Italia si ferma al 3%.
Allargando l’analisi alle posizioni dirigenziali, ovvero al senior and middle management, nel documento “Piano di uguaglianza di genere 2024-2026” l’Istat rileva come le donne rappresentino circa il 24% del totale. «L’obiettivo è di raggiungere la soglia del 35% nel 2026, a fronte anche dell’esperienza della Spagna e della Svizzera che già si collocano al di sopra del 33%», conclude il documento dell’istituto nazionale di statistica. Nel nostro Paese solo nel 2022, per la prima volta, una donna è diventata presidente del consiglio e nessuna è mai stata Capo dello Stato.