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Fine 2024 con il rischio trattori in piazza

Gli agricoltori sul piede di guerra per l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Mercosur

La fine del 2024 rischia di essere segnato in Europa da una nuova ondata di proteste dei trattori. Gli agricoltori, infatti, sono sul piede di guerra per l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Mercosur, soprattutto in Francia e Germania.

In Italia, al momento non ci sono riprese delle proteste che hanno bloccato le strade nei primi mesi di quest’anno, eppure le ragioni che hanno spinto gli agricoltori sulle barricate sono tutte ancora valide, a giudicare da quanto emerge dall’ultimo Rapporto Ismea sull’Agroalimentare italiano.

Su 100 euro spesi dai consumatori per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, calcola l’Istituto, “meno di 20 euro remunerano il valore aggiunto degli agricoltori”. Sembrerebbe ancora una quota di un certo peso, il problema è che però, detratti gli ammortamenti e i salari, “resta un utile di 7 euro”. Quando inoltre la catena si allunga, per i prodotti trasformati che implicano un passaggio in più dalla fase agricola a quella industriale, l’utile si riduce a 1,5 euro. Tanto per fare un confronto, quello del commercio e trasporto è di 13,1 euro.

La scarsa remunerazione del lavoro agricolo è la ragione principale che ha spinto i nostri agricoltori a protestare. Chi lavora nei campi inoltre è soggetto agli “eventi catastrofali”, che con il cambiamento climatico si stanno moltiplicando, e aggravando. Per quest’anno, Ismea calcola costi intorno al miliardo di euro per i settori più colpiti, e cioè frutta, formaggi e cereali. Una cifra elevata, anche se decisamente inferiore ai 6 miliardi del 2022, dovuti a una devastante siccità. Risultato: per il 2023 si registra una riduzione del 3,3% del valore aggiunto in termini reali.

Al contrario, l’industria alimentare ha chiuso il 2023 con un aumento del valore aggiunto del 16% a prezzi correnti e del 2,7% in volume rispetto all’anno precedente. Non migliora la condizione generale dei nostri agricoltori il fatto che siamo ancora molto dipendenti dalle importazioni in diverse filiere chiare, nonostante i passi avanti sul piano dell’autonomia produttiva messi a segno dopo la crisi scoppiata per la guerra in Ucraina.

Così, per esempio, gli allevatori soffrono il fatto che mais e soia, ingredienti di base dell’alimentazione zootecnica, arrivano in gran parte dall’estero, ma con difficoltà aumentate negli ultimi anni, soprattutto per il mais, dove prevalgono gli arrivi dall’Ucraina, mentre per la soia c’è una concentrazione delle forniture dal Brasile.

Le importazioni di mais sono molto aumentate negli ultimi venti anni: si è passati dalla sostanziale autosufficienza dei primi anni 2000 a una quota che supera di poco il46% nel 2023, mentre per la soia si è scesi al 32%. Circostanze che pesano anche sul prezzo: c’è un’incidenza del 60% dei costi di allevamento sul prezzo del consumo di carne bovina, per esempio.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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