
Quella dei bancari, insieme a tutti coloro che operano nel mondo finanziario, sarà una delle professioni che l’Intelligenza artificiale metterà più alla prova. Non a caso, l’ultimo contratto collettivo nazionale di lavoro siglato da Abi e dai sindacati (Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin) in maniera lungimirante ha istituito un’apposita cabina di regia che monitorerà e accompagnerà il cambiamento.
Finora c’è stato un prevalente interesse da parte delle imprese sulla tecnologia, in un’ottica di taglio dei costi, ma in futuro non potrà essere così.
Le prime ricadute del movimento iniziato con la GenAi ormai un paio di anni fa si vedono non tanto sul piano quantitativo, semmai su quello qualitativo.
Cosa pensano i bancari? Che il proprio posto di lavoro possa sparire nel prossimo decennio, tra i non utilizzatori di GenAi, lo pensa il 24%, quindi un quarto, una quota che sale al 39% tra gli utilizzatori occasionali e al 49%, quindi quasi la metà, tra gli utilizzatori regolari.
Del resto, per la finanza si prevede un impatto molto più forte in termini di sostituibilità. Più in generale, circa 15 milioni su 22 milioni di lavoratori italiani sono mediamente o altamente esposti, con poco meno di 9 milioni che rientrano nel solo gruppo altamente esposto.
Le occupazioni poco qualificate in settori come l’agricoltura e la manifattura appaiono generalmente poco esposte e questo segna una chiara differenza tra questa nuova rivoluzione del lavoro rispetto a quella portata dalla robotizzazione che invece ha avuto un forte impatto sulla produzione. Anche i servizi a basso valore aggiunto come il commercio al dettaglio e il settore dell’ospitalità presentano bassi livelli di esposizione.
Nuove tecnologie, Ai e GenAi sposteranno, quindi, molti equilibri nei prossimi anni perché chiederanno ingenti investimenti. Sicuramente c’è una questione di “taglia”, come ci dicono i budget di società come Google, Alphabet, Meta solo per citarne alcune. Se questo è vero in generale, lo è ancor più nel settore bancario dove è in corso una fase di trasformazione profonda a livello globale. Se guardiamo all’Italia e alla taglia delle banche domestiche sicuramente per i grandi gruppi ci saranno opportunità, ma per gli istituti più piccoli i budget più contenuti degli investimenti qualche criticità la creeranno.