A livello globale, si stima che ogni anno si perdano circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di depressione e ansia. Con un costo di 1 trilione di dollari all'anno in termini di perdita di produttività
In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale celebrata lo scorso 10 ottobre, l’Oms ha fatto un focus sulle condizioni di lavoro caratterizzate da forte stress e precariato, ma anche da pregiudizi, discriminazioni e molestie. Anche questi fattori, infatti, possono comportare gravi rischi per la salute mentale”.
“Con il 60% della popolazione mondiale al lavoro, il 15% della quale affetta da un disturbo mentale, è necessaria un’azione urgente per ridurre lo stigma sul posto di lavoro attraverso la consapevolezza e la formazione e per creare un ambiente di lavoro più sano e inclusivo che protegga e supporti attivamente la salute mentale. Senza considerare come lo stigma crei una barriera all’occupazione e le persone affette da gravi disturbi mentali siano in gran parte escluse dal mondo del lavoro o impiegate in attività poco retribuite o insicure, spesso prive di tutele adeguate”, è l’avvertimento dell’Oms.
La prevalenza dei disturbi mentali sta per superare quella delle patologie cardiovascolari. Depressione e altre patologie psichiche saranno le più diffuse nel mondo già prima del 2030, anno in cui, sempre l’Oms, aveva stimato il “sorpasso”. Numeri che valgono in Italia il 4% del prodotto interno lordo tra spese dirette e indirette. Senza contare la diminuzione dell’aspettativa di vita di 10 anni.
A livello globale, si stima che ogni anno si perdano circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di depressione e ansia, con un costo di 1 trilione di dollari all’anno in termini di perdita di produttività.
In questo contesto, posti di lavoro malsani possono essere sia causa che “amplificatori” di problemi più ampi che incidono negativamente sulla salute mentale, tra cui discriminazione e disuguaglianza basate su fattori quali razza, sesso, identità di genere, orientamento sessuale, disabilità, origine sociale, condizione di migrante, religione o età.
“Bisogna evitare che il lavoro amplifichi disagi preesistenti o assimili questioni sociali più generali che hanno effetti negativi sulla salute mentale, ad esempio disuguaglianza, discriminazione ma anche bullismo e violenza – conclude l’Oms – Essere senza lavoro rappresenta un rischio per la salute mentale. Disoccupazione, precarietà lavorativa e finanziaria e recente perdita del lavoro sono fattori di rischio per tentativi di suicidio. Servono programmi di inserimento per persone con problemi di salute mentale e azioni di supporto per i lavoratori che rientrano dopo un’assenza causata da un disturbo mentale”.
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