
L’inflazione inizia a farsi sentire nelle tasche degli italiani fino al punto che le famiglie iniziano ad erodere i loro risparmi. Lo ha reso noto ieri l’Istat assieme al fatto che, in ogni caso, il deficit pubblico è in via di miglioramento.
Nel dettaglio: nel secondo trimestre 2023, il deficit pubblico italiano in rapporto al Pil è stato pari al -5,4% contro il -5,7% nello stesso trimestre del 2022. Il saldo primario, vale a dire l’indebitamento al netto degli interessi passivi, è risultato negativo, con una incidenza sul Pil del -0,8%. Il governo, nella Nadef, ha fissato l’obiettivo di fine anno a 5,3% mentre lo scorso anno ha chiuso all’8%. È possibile, quindi, che nella seconda parte dell’anno, da parte governativa, siano stimati dei miglioramenti nei conti.
Sta di fatto che, nel secondo trimestre, la pressione fiscale è stata pari al 42%, stazionaria rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le uscite totali nel secondo trimestre 2023 sono aumentate dell’1,6% rispetto al corrispondente periodo del 2022 e la loro incidenza sul Pil (pari al 52,5%) è diminuita in termini tendenziali di 1,2 punti percentuali.
Quanto al Pil, sempre Istat informa che, sempre nel secondo trimestre 2023, è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente. La variazione acquisita del Pil per il 2023 è pari a +0,7% della stessa entità di quella stimata al primo settembre.
Sul fronte delle famiglie consumatrici, nel secondo trimestre 2023, il reddito disponibile è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,2%. La propensione al risparmio, che già da diversi trimestri si attesta sotto i livelli pre-Covid, è stimata al 6,3%, in diminuzione di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente: un tasso quasi ai minimi di sempre con due eccezioni: il 4,7% nell’ultimo trimestre 2022 per il picco dell’inflazione e il 6,1% dell’ultima parte del 2012, quando era scoppiata la crisi dei debiti sovrani.
L’Istat, poi, sottolinea che a fronte di una sostanziale stazionarietà dei prezzi, il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Tra aprile e giugno, infine, il tasso di investimento delle famiglie consumatrici è stimato all’8,1%, vale a dire 0,2 punti percentuali più basso rispetto al trimestre precedente, a fronte di una flessione degli investimenti fissi lordi del 2,9%.