Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha visto 352 mila giovani emigrare. E tra questi, nella fascia d’età 25-34 anni, 132 mila erano laureati. A indicarlo è l’Istat, sottolineando di nuovo un problema che ci trasciniamo dietro da tempo: quella della perdita di capitale umano altamente formato.
In generale, in Italia, si sono registrati quasi 1,1 milioni di espatri contro 515 mila rientri. Il che rende il saldo complessivo negativo per ben 566 mila unità. Sta di fatto che l’aspetto più preoccupante riguarda proprio la fascia d’età 25-34 anni. Tra il 2013 e il 2022, in essa, si sono concentrate 352 mila partenze con in più di un caso su tre (il 37,7%) laureato. Un dato preoccupante soprattutto in un Paese che resta penultimo nell’Ue per giovani in possesso di un’istruzione terziaria e che da qui al 2040 perderà, a causa della denatalità circa il 30% degli iscritti all’università.
L’Istat sottolinea anche che, dopo il calo del 2021, nel 2022, si assiste a una significativa ripresa degli espatri di giovani laureati tra i 25 e i 34 anni (18 mila, +23,2% sull’anno precedente). E, sempre nel 2022, si riduce il numero dei rientri in patria dei giovani laureati (6 mila, -18,9% sul 2021).
Il combinato disposto delle due dinamiche determina un saldo migratorio negativo che si traduce in una perdita di 12 mila risorse qualificate in un solo anno, come accadeva prima della pandemia che – come sappiamo – ha ridotto gli spostamenti annuali verso l’estero.
Ma chi sta pagando il prezzo maggiore in termini di capitale umano altamente formato che va perduto? Il Mezzogiorno: dei 25-34enni emigrati nel decennio 2013-2022, il Nord ne ha visti partire 43 mila, il Centro 14 mila e il Sud 30 mila. Ma c’è da considerare anche la mobilità interna: il movimento di giovani che risalgono la penisola riesce, talvolta, a generare un guadagno di popolazione. E’ ciò che accade nelle regioni settentrionali e centrali: durante il decennio considerato, le prime hanno attratto 125 mila risorse umane meridionali e le seconde più 13mila. Con il risultato che, al netto delle uscite, il Nord ha guadagnato circa 82 mila 25-34enni, il Centro ha limitato la perdita a meno di un migliaio e il Mezzogiorno ne ha invece persi, verso l’estero e verso le altre regioni d’Italia, poco più di 168 mila di giovani residenti laureati.