
E’ vero, come certifica anche il bollettino Istat sul mese di aprile 2024, che l’occupazione, in Italia, è in grande crescita. Ma, stando a uno studio Ocse sugli stipendi, l’Italia rimane uno dei Paesi che ha subito,negli anni, il calo maggiore dei salari. Infatti, se da un lato i salari nominali sono aumentati, l’aumento non è stato sufficiente a compensare gli effetti dell’inflazione.
Dal punto di vista reale, cioè considerando anche l’aumento dei prezzi, solo tra il 2021 e il 2022 il valore degli stipendi è sceso del ben 7,3%. Guardando, invece, al triennio 2019-2022, il salario medio annuo di ogni lavoratore italiano è diminuito di circa mille euro. E anche guardando a quanto accaduto negli ultimi decenni, secondo i dati Eurostat, gli stipendi reali sono calati del 2,9% rispetto al 1990.
Ora: c’è da dire che una situazione simile si è verificata in tutta l’area Ocse. Sta di fatto che, dopo un calo negli ultimi due anni, i salari reali stanno ora crescendo su base annuale in diversi Paesi, pur rimanendo ancora al di sotto dei livelli del 2019 nella maggior parte dei casi.
In generale, nel 2023, i salari reali sono cresciuti in 25 Paesi su 35, in media dell’1,4%. Tuttavia, i salari reali sono rimasti al di sotto del loro livello del 2019.
Per contrastare l’inflazione e l’erosione del potere d’acquisto, i Paesi con un salario minimo legale, per raggiungere quest’obiettivo, hanno aumentato i minimi salariali in media del 9% in più rispetto al 2019.
Ma in Italia, dove non c’è un salario minimo, ora, questa misura sembra stia passando in secondo piano proprio per il record di occupati che registra il nostro Paese.
Il tasso di occupazione in Italia ha raggiunto il 62,3%, il valore più alto da quando abbiamo traccia di questo dato. Ma rimaniamo anche il Paese Ue con il più basso numero di occupati.Tanto più, allora, non bisogna tralasciare il tema del lavoro povero.