Che cos’è il tax gap? E quali categorie in Italia lo alimentano di più? La risposta alla prima domanda è questa: il tax gap è il divario tra le tasse versate e il totale delle tasse che lo Stato incasserebbe se tutti le pagassero. Secondo l’ultima relazione sull’evasione fiscale e contributiva del Ministero dell’economia e finanze, esso si è ridotto passando da 107 miliardi nel 2016 a 87 miliardi all’inizio del 2021.
È comunque una cifra elevata, che ci colloca in cima alle classifiche europee dell’evasione fiscale; ma è uno dei risultati migliori degli ultimi anni. Nel 2019, infatti, l’evasione complessiva ammontava a 99,7 miliardi di euro e nel 2018 a 103 miliardi di euro.
Solo nel 2022 sono stati recuperati 20 miliardi di euro evasi: dato tra i più alti di sempre.
Quali sono i fattori che stanno contribuendo a questo recupero? Ci sono diverse ragioni. Innanzitutto, durante la pandemia, sono cambiate le abitudini di consumo. Si è ridotta, tra tutte, la spesa per servizi con un impatto positivo sull’evasione, perché la propensione all’evasione è maggiore quando si sta pagando per ricevere un servizio. Un esempio: al caffè al bar per cui non viene emesso lo scontrino o un intervento domestico pagato in nero. Diminuiti i consumi per servizi, è diminuita anche l’Iva evasa annessa a queste prestazioni.
L’altro fattore responsabile del calo dell’Iva evasa sono i pagamenti elettronici, che sono cresciuti di circa 10 punti percentuali tra la fine del 2019 e l’ultimo trimestre del 2021.
Oltre a misurare quante tasse in teoria avrebbe dovuto incassare lo Stato, è possibile calcolare anche la “propensione” ad evadere, che è il rapporto tra l’effettivo divario in miliardi di euro e il gettito fiscale teorico totale. Più il dato è alto, maggiore è la propensione a evadere le tasse.
Ad esempio, la propensione ad evadere l’Irpef da parte dei lavoratori autonomi e delle imprese individuali è del 69,7%: questo vuol dire che per ogni 100 euro che lo Stato avrebbe in teoria diritto di incassare in tasse, ne incassa solo 30,3 euro.
Le categorie più a rischio evasione, secondo i dati Mef, sono i ristoranti (72,8%), le officine (70,4%), bar e pasticcerie (68,6%), i negozi di alimentari (63,3%) e di abbigliamento (62,8%), elettricisti e idraulici (62,4%), software house (61,8%), alberghi (60,8%), costruzioni (57,1%), trasporto merci (56,8%), consulenza finanziaria (55,9%), ferramenta (54,7%), società immobiliari (54,6%), riparazioni apparecchi meccanici (54,2%) e imbianchini (54,1%).
Questo ci ricorda che l’evasione non è un fenomeno lontano, ma impatta con la nostra quotidianità ogni momento.