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Non ho l’età, quando la discriminazione sul lavoro passa attraverso i dati anagrafici

Una ricerca di PageGroup ha evidenziato che più della metà dei lavoratori si è sentito danneggiato per questo motivo una o più volte negli ultimi 12 mesi: un fenomeno che supera quello di genere. I più colpiti? Coloro i quali sono in posizione di leadership

Non ho l’età, la canzone di Gigliola Cinquetti, a quasi 60 anni esatti dalla sua uscita, avrebbe una nuova versione in tema di lavoro. In questo campo, infatti, oltre che una discriminazione di genere, si segnala anche una, ancora più impattante, legata all’età delle persone, sia nel momento in cui si candidano a un lavoro, sia quando lo hanno conquistato e sono in carriera. Giudicati o troppo avanti con gli anni o troppo giovani, il nodo è venuto al pettine grazie a una indagine condotta su un campione di 5mila persone da PageGroup, una società internazionale di recruiting.

Più della metà dei lavoratori (il 51%) ha dichiarato di essersi sentito discriminato sul posto di lavoro una o più volte negli ultimi 12 mesi. Ma non solo: uno su sei (il 18%) ha affermato di essere discriminato “spesso” o addirittura “sempre”, mentre il 33% ha denunciato di subire episodi solo occasionali.

Fatto sta che l’età è la causa più comune di discriminazione (34%), seguita dal genere (23%) e dal background culturale (22%). E che, in Europa, una persona su tre si è sentita emarginata a causa dell’età.

Pamela Bonavita, managing director di PageGroup, ha spiegato che “non sentirsi accolti, a lungo andare, può rendere le persone insicure, escluse e svantaggiate e causare insoddisfazione e malcontento. Per questo motivo, è fondamentale che le aziende siano consapevoli e, se necessario, sappiano intervenire tempestivamente”.

Dei 23 lavoratori su 100 che si sono sentiti discriminati, il 38% sono donne. Inoltre, con l’aumento dell’anzianità, aumenta anche la prevalenza della discriminazione di genere (il 31% dei dipendenti in posizioni di leadership dichiara di subirla rispetto al 21% dei lavoratori di livello non dirigenziale).

Ancora: quattro lavoratori su 10 (il 41%) di età superiore ai 50 anni hanno dichiarato di essersi sentiti discriminati per l’età negli ultimi 12 mesi.

Ma qual è la reazione cui di solito si affidano i discriminati per evitare malesseri? Essi cercano di uniformarsi al gruppo: due intervistati su tre hanno dichiarato di non sentirsi completamente se stessi quando sono in ufficio e per questo tentano di adattare il proprio stile linguistico, l’aspetto e il comportamento per provare a ridurre al minimo le differenze con il resto del team. E se proprio non riescono a superare gli ostacoli? In questo caso, i discriminati possono arrivare anche a decidere di lasciare l’azienda, con un impatto significativo sulle organizzazioni sia pubbliche che private.

 

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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