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AAA cercansi autisti per il trasporto pubblico (disperatamente)

In Italia ne mancano almeno 10 mila e le prospettive non sono ottimistiche. Il caso di un settore dove l'Intelligenza Artificiale non arriva

Per combattere il cambiamento climatico, tutti stanno puntando sul trasporto pubblico. Se, però, l’Europa vuole centrare gli obiettivi del Green Deal, dovrà risolvere anche il problema della mancanza di autisti. Proprio così: a fronte di una serie di professioni che cambieranno profondamente con l’avvento dell’Intelligenza artificiale, questa sembrerebbe essere risparmiata. Persino i più visionari non immaginano (almeno nel breve periodo) autobus o tram a guida autonoma. E quindi il problema è tutto da risolvere: anche una società come l’Atm di Milano che ha 10 mila dipendenti di cui 4 mila conducenti e offre un pacchetto retributivo molto competitivo all’interno del settore ha difficoltà a coprire le 600 posizioni aperte del 2023, in particolare le 300 che riguardano gli autisti.

Non basta nemmeno uno stipendio di ingresso di 1.600 euro netti al mese per un orario full time che arriva a 36 ore. Di qui la scelta di investire circa 500 mila euro per sostenere il piano assunzioni, prevedendo di farsi carico della patente di guida e dando un contributo-casa per i primi mesi di affitto dei neo-conducenti di 3 mila euro.

Sta di fatto che il problema non è solo dell’Atm: in Italia, nel solo 2023, sono 10 mila le posizioni che non si riescono a coprire. E in Europa, stando al rapporto Iru (Unione internazionale trasporti su strada), quasi 105 mila.

Le conseguenze? Il 75% delle società lamenta di non poter espandere il business, il 57% sta affrontando un aumento dei costi per queste figure che va ad aggiungersi all’aumento del prezzo dei carburanti e il 48% sta conoscendo un calo della produttività. Quel che preoccupa, però, è che questo scenario è destinato a peggiorare: di qui al 2028 si calcola che addirittura una posizione di autista su 4 rimarrà scoperta e il totale, in Europa, raggiungerà il livello record di 275mila. Tutto questo anche per via di 154 mila pensionamenti.

In ogni caso, tornando in Italia, almeno al Sud, pur non essendoci più i numeri delle candidature del passato, i bandi continuano ad essere molto partecipati, anche grazie al rientro nelle loro città di origine di conducenti trasferitisi al Nord. Il caroaffitti, evidentemente, pesa molto.

Comunque, bisogna dire anche che la popolazione aziendale delle società di trasporto pubblico ha un’età media piuttosto elevata: molto vicina ai 50 anni, secondo la media europea. Appena il 3% degli autisti ha meno di 25 anni. Il Paese che ha la quota più alta di giovani è l’Olanda, con il 6%. Quello che ha la quota più bassa, invece, è proprio l’Italia, dove gli under 25 sono appena l’1%.

Perché? Per via del costo della patente, prima di tutto. In Italia, per avere la patente D, servono tra 2.500 e 5mila euro. Ma all’esborso economico si devono aggiungere i tempi lunghi per acquisire i titoli. Il che allontana dalla professione anche molti cittadini extracomunitari, tant’è che la loro quota in Europa è appena del 5%.

Non meno vincolanti, poi, sono i limiti anagrafici. Su quelli di 21 o 24 anni, recentemente, Asstra, una delle associazioni che rappresenta il trasporto pubblico insieme ad Agens e Anav, ha fatto un intervento in Commissione trasporti alla Camera, dove la direttrice Alessia Nicotera ha auspicato una riforma.

Sicuramente, però, le criticità sono diverse. Allargando lo sguardo, Massimo Bettarello, presidente di Atv, l’azienda trasporti di Verona, parla di “un complessivo mutamento sociale che negli ultimi anni ha indotto i giovani a preferire professioni che consentano loro un ampio spazio di tempo extra lavorativo durante la settimana e libertà nel fruire dei giorni festivi, caratteristiche che difficilmente può offrire il trasporto pubblico”.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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