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Cosa ci aspetta alla ripresa di settembre: in pensione (ancora) a quota 103

Il Governo è intenzionato a confermare questa misura per lasciare il lavoro. Giorgetti: "Con la denatalità non c'è riforma che tenga"

L’avviso ai naviganti è stato diramato ieri nel corso del Meeting di Rimini dal ministro dell’Economia in persona, Giancarlo Giorgetti: ci attende un autunno difficile, con l’approvazione di una legge di bilancio che certo non potrà accontentare tutti, anzi. “La prossima manovra è complicata – ha confessato il numero uno di via XX Settembre – Dovrà contenere interventi a favore dei redditi medio-bassi maggiormente colpiti dall’inflazione, ma dovremmo anche utilizzare le risorse che sono a disposizione per promuovere la crescita e premiare chi lavora”.

A tal proposito, Giorgetti, assieme alla ministra del Lavoro Marina Calderone, ha fatto riferimento alla detassazione dei premi di risultato e a una tassazione agevolata di alcune forme di welfare in quanto oggi i premi di produttività scontano una tassazione agevolata del 5% su importi fino a 3mila euro. Su queste somme incentivanti, per i redditi fino a 80mila euro, c’è un forte pressing al fine di giungere a un azzeramento delle tasse. E c’è anche un accordo, in seno alla maggioranza, di confermare il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori con redditi medio-bassi, fino a 35mila euro, di 7 punti: cosa che, finora, è ufficiale solo fino a tutto dicembre. Interesserebbe, questa misura, la busta paga di circa 14 milioni di addetti che vedrebbero il proprio stipendio aumentare di 90-100 euro.

Sta di fatto che il vero punto interrogativo dell’economia italiana, Giorgetti lo ha individuato nella tenuta del sistema pensionistico. “Con questa denatalità – ha ammesso – non c’è riforma delle pensioni che tenga”. Ma cosa ci si deve aspettare da questo punto di vista? In primis, sembrerebbe la conferma di quota 103 come somma fra età anagrafica e contributiva. Anche per l’uscita anticipata il governo dovrebbe limitarsi a confermare le attuali regole: non meno di 62 anni e 31 di contributi regolarmente pagati. C’è chi vorrebbe allargare le maglie introducendo più flessibilità. Ma, conti alla mano, significherebbe proporre pensioni anticipate con assegni inferiori di almeno un quarto che metterebbero in difficoltà i percettori davanti a una inflazione che lascia ancora il segno. E mettersi contro anche la Commissione Europea che all’Italia ha sempre raccomandato prudenza sui conti previdenziali: con la Grecia, il nostro resta il Paese con la più alta incidenza di spesa in proporzione alla ricchezza prodotta.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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