
Saranno le nuove tecnologie, sarà l’irruzione irruenta dello smart working che ha caratterizzato gli ultimi anni, ma la maggior parte dei lavoratori italiani, ormai, considera che i confini tra lavoro e vita privata si siano definitivamente assottigliati, per non dire del tutto eliminati. Il che è spesso un problema, portando, in pratica, a non staccare mai del tutto con i propri impegni professionali (o viceversa).
Lo sostiene uno studio di Aviva intitolato “Embracing the age of ambiguity”, secondo il quale il 52% di chi lavora nel Bel Paese ha acquisito questa consapevolezza. Certo, soprattutto dopo l’avvento della pandemia, in molti si sono sforzati a dare dei confini chiari ai due ambiti della propria vita. Ma questa sembra essere una operazione sempre più complicata sebbene un altro studio (“Work-life balance, a systematic review”) pubblicato nel 2021 sul Ximb Journal of Management sostenga che l’equilibrio tra lavoro e vita privata, in realtà, vari significativamente in base a età, sesso e stato civile del lavoratore.
Insomma: in fondo, di fronte alla nuova tecnologia e al nuovo modo di lavorare, ognuno se la deve vedere la solo.
In generale, infatti, sono numerosi i fattori che possono creare un equilibrio precario tra vita e lavoro, ed è per questo che l’indice europeo dell’equilibrio vita-lavoro valuta i Paesi in base a diversi fattori come l’assistenza sanitaria, il salario minimo, i congedi parentali, le ferie annuali legali, la retribuzione per malattia, i livelli dichiarati di felicità, l’orario medio di lavoro e l’inclusività LGBTQ+.
Fatto sta che in questa classifica non ce la passiamo affatto bene: secondo l’azienda Remote, l’Italia occuperebbe il 27esimo posto con un quoziente di appena 55.71 punti su 100. Eppure, va sottolineato che, trattandosi di un problema soggettivo, è possibile fare scelte più o meno importanti per risolvere la mancanza di equilibrio o, almeno per provare a contenerla. Ad esempio, impostare delle scadenze realistiche, evitare di accettare richieste che fuoriescono dal proprio tempo lavorativo o prendersi delle pause dal lavoro.
Per un lavoratore italiano su 3, secondo un report di Job Princing del 2021, la mancanza di equilibrio può diventare anche motivo di abbandono del proprio posto di lavoro e, quindi, sarebbe di interesse per le aziende favorire la conciliazione dei tempi lavorativi con la vita privata in modo da attrarre talenti e da migliorare la produttività aziendale.
Ma quali sono i primi 5 Paesi Ue che, secondo la classifica Remote citata prima, combinano meglio il lavoro con la vita privata? Al primo posto c’è il Lussemburgo con un quoziente di 85,26; al secondo la Spagna (78,63); al terzo la Francia (77,19); al quarto la Norvegia (74,90); al quinto la Danimarca (74,62). Bisognerebbe imparare da loro.