In quanti non hanno mai notato un negozio sotto casa con la saracinesca abbassata, chiuso per sempre? Davvero pochi se è vero che, negli ultimi dieci anni, ufficialmente, hanno chiuso bottega ben diciassettemila nelle principali 14 grandi città, uno su dieci dal 2013 ad oggi. A rilevarlo è uno studio di Infocamere, secondo il quale il 16% degli esercizi cancellati ha chiuso le serrande nei grandi centri, rispetto a un totale di circa 104 mila attività perse nel decennio su scala nazionale.
Ma perché? Quali sono i principali motivi che porta un negozio a chiudere? E-commerce e turismo di massa, quello capace di cambiare il volto di un quartiere facendo aumentare i costi degli affitti sono i due principali.
Le città dove è stato più difficile sopravvivere sono Bari (-22%), Roma (-18%) e Torino (-17%). In controtendenza, invece, ci sono Milano (+3%) insieme a Napoli (+7% con 1.786 nuove imprese registrate) e Reggio Calabria (+5%).
Mariano Bella, direttore dell’ufficio studi Confcommercio, osserva: “Si cominciano a denunciare gli effetti negativi dell’overtourism, ma sicuramente la densità commerciale si riduce meno dove la capacità di attrazione della struttura cittadina è maggiore”,
L’impatto dell’e-commerce sulla crisi dei negozi non è, poi, meno importante: “Le città stanno soffrendo – aggiunge Bella – per la quota di commercio passata dalla dimensione fisica a quella digitale. Ma incide anche la perdita di potere d’acquisto dei consumatori che oggi, per alcune categorie di beni, cercano soluzioni più economiche”.
E la pandemia, in questa partita, che ruolo ha giocato? Il Politecnico di Milano ha stimato che tra il 2019 e il 2024 il valore dei beni venduti online sia salito a 17 miliardi di euro in Italia.
“L’e-commerce comunque non va sempre considerato in modo negativo: alcune piccole realtà hanno tratto benefici dalle vendite online”, sottolinea Bella.
M quali sono stati i settori che hanno sofferto di più? Nelle grandi città sono spariti oltre 2mila negozi di mobili e arredamento, 1.198 ferramenta, 1.400 edicole, più di mille cartolerie. La moda è tra le categorie più colpite con circa 5.500 esercizi persi nei 14 centri, di cui oltre 4.300 negozi di abbigliamento (pari al 25% delle attività chiuse) e quasi 1.150 di calzature e articoli in pelle.
In controtendenza, i grandi magazzini nelle maggiori città sono più che raddoppiati (+133%) con un aumento di 118 unità, e rappresentano una delle tipologie di commercio al dettaglio che nel decennio preso in analisi è cresciuta. In aumento anche lo stock di ipermercati (+33%), supermercati (+7%) e soprattutto discount alimentari (+95%), a cui fa da contraltare la perdita di 494 panifici e di 933 macellerie. Resistono, invece, le pescherie, che hanno perso solo 20 unità complessivamente nelle 14 città prese in esame. E sono in crescita, infine, anche tabaccai, farmacie e aziende di commercio al dettaglio per corrispondenza o attraverso internet (+198%).