
Il caldo record che ha portato Caronte in tutta Europa non significa che le vacanze quest’anno siano per tutti. Per un lavoratore su 5 del Vecchio Continente non ce ne sarà la possibilità pur avendo, evidentemente, uno stipendio. In totale, sono ben 38 milioni i cittadini europei che dovranno stringere la cinghia e rinunciare a raggiungere una meta estiva. A dirlo è uno studio condotto dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces) sulla base di dati Eurostat.
Ma come mai si riscontra questo fenomeno? Senz’altro l’inflazione, l’aumento dei prezzi e la conseguente perdita di potere d’acquisto dei salari ci hanno messo lo zampino. Questo, in maniera determinante per il 19,5% della platea di riferimento. In particolare, nei Paesi dell’Unione Europea, il costo dei pacchetti vacanza in patria o all’estero, sebbene siano da sempre pensati per andare incontro alle esigenze della fascia di popolazione meno abbiente, ha registrato un aumento del 12,4% tra gennaio e maggio, dopo che già lo scorso anno si era archiviato un balzo dell’11,5%. Si tratta del maggior rincaro dal 1996, anno in cui sono state avviate le prime rilevazioni di questo tipo.
Oggi, sempre secondo l’analisi della Confederazione, il costo medio di un pacchetto turistico di quattro o più notti è di 2.967 euro. Se si torna indietro al 2018, l’aumento è addirittura di ben 600 euro. Il fatto è che 2.967 euro, in 14 Stati Ue su 27, supera il valore di un intero mese di stipendio. E di gran lunga, se ci si riferisce ai lavori più poveri.
Un caso particolare, poi, quest’anno, è costituito dalla Croazia, una delle mete estive più amate degli europei anche perché, fino a un’estate fa, considerata low cost. Qui, dopo l’ingresso dell’euro, il primo gennaio 2023, i prezzi sono schizzati alle stelle. I costi degli affittacamere sono saliti del 30%. Quelli delle camere d’albergo sono mediamente raddoppiati, passando da 150 a 300 euro. Per l’attracco di una barca, se prima bastavano 120 euro, oggi ce ne vogliono 160. Quelli di bar e ristoranti, infine, sono allineati a quelli italiani. Ma nel Bel Paese non ce la passiamo certo bene: basti pensare che, rispetto al 2021, la pizza costa mediamente il 14% in più, un valore più del doppio rispetto al nostro tasso di inflazione. Per Bloomberg, la colpa, in particolare, è dell’olio di oliva: costa il 26% in più.