
In Italia, gli stenti dell’economia reale rischiano di durare molto più che altrove e, naturalmente, di riversarsi anche sul mondo del lavoro. Questo per il maxi debito che il Bel Paese si porta appresso. Lo si evince dalla legge di Bilancio varata a inizio settimana dal Consiglio dei Ministri. Per il prossimo anno, l’Italia mette in conto la crescita più bassa dell’Eurozona e la spesa per interessi di gran lunga maggiore.
Tuttavia, nel mancato rispetto del Trattato che chiede di mantenere il deficit sotto al 3% del Pil, il nostro Paese sarà in compagnia di altri sei Stati: Belgio, Finlandia, Francia, Malta, Slovacchia e Slovenia.
Il confronto fra i Documenti programmatici di bilancio inviati in questi giorni alla Commissione europea dai governi dell’Eurozona mostra bene quanto sia complicato il ritorno in campo delle regole fiscali comunitarie, soprattutto nell’impostazione più rigida sponsorizzata dalla Germania e dai suoi alleati del Nord Europa.
Fatto sta che l’obiettivo di crescita 2024 fissato dall’Italia all’1,2% appare a molti finanche più ottimista rispetto a molte stime che, tra l’altro, si stanno aggiornando al ribasso dopo il riacutizzarsi della crisi tra Israele e Palestina. E comunque: nel confronto continentale, la prospettiva disegnata dal governo italiano è, come detto, la più modesta dell’Eurozona.
Solo la Finlandia prevede una crescita analoga a quella italiana (+1,2%), mentre tutti gli altri Paesi puntano a un ritmo più vivace. La Francia mette in programma un +1,4%, la Germania il +1,6%, la Spagna addirittura un +2% tondo.
La questione, evidentemente, ha a che fare con le debolezze strutturali dell’economia italiana e con gli scarsi strumenti che la finanza pubblica ha oggi a disposizione per rimediare. La controprova arriva da Berlino: quest’anno, la Germania ha fatto segnare una crescita zero. Ma ora, avendo potuto dispiegare aiuti di Stato per 208 miliardi, punta, come detto, a un balzo dell’1,6%. Sul fronte italiano, una spinta del genere sarebbe potuta arrivare dal Pnrr, ma i 191,5 miliardi che mette a disposizione questo strumento si fatica a spenderli. La Germania, inoltre, avrà una spesa per interessi che non supera l’1% del Pil. Da noi, invece, essa volerà al 4,2% del Pil nel 2024, al 4,3% nel 2025 e al 4, 6% nel 2026.
È un livello assolutamente inedito da quando esiste l’euro e lontanissimo da quello che si incontra in qualsiasi altro Paese europeo, compresa la Grecia dove gli interessi scenderanno nel 2024 al 3,2% anche perché ad Atene il rapporto debito/Pil calerà di un altro 7,1% in una corsa che presto lascerà a noi anche il primato continentale del passivo.