
Qual è il lavoro del futuro, quello che promette un avvenire assicurato? Spesso ne abbiamo parlato, ma ora spunta il primatista assoluto. Si tratta del Sustainability Manager. Lo si deduce dal report “Building Competitive Advantage with A People-First Green Business Transformation” redatto da ManPower Group.
Entro il 2030, a livello globale, si stima la creazione di circa 30 milioni di posti di lavoro nel settore della sostenibilità. E già oggi, soprattutto nell’area del Sud-Europa (in particolare in Italia, Spagna e anche Germania) vi è ancora un forte gap di competenze negli ambiti ESG (Environmental, Social & Governance).
Nello specifico, le intenzioni di assunzioni più forti saranno nel settore dell’energia e dei servizi pubblici, seguito dai comparti di information technology e servizi finanziari.
Con riferimento all’Europa, è stato calcolato che, grazie alla transizione energetica, potranno essere creati oltre 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro verdi entro il 2024.
Insomma, altro che trattori: questo è senz’altro un dato significativo che desta particolare interesse. Tanto più che ben il 94% dei datori di lavoro sottoposti alla Survey di ManPower ha dichiarato di “non avere in azienda i professionisti per raggiungere i propri obiettivi ESG” e tre quarti di essi (75%) hanno difficoltà a trovare i talenti con le competenze ricercate.
Mai come ora, quindi, più che applaudire gli agricoltori che occupano autostrade e centri delle città, sarebbe indispensabile una formazione professionale continua di alto livello. Lo stesso report di ManPower sottolinea che il tasso di assunzione medio per le persone con almeno una competenza verde è superiore del 29% rispetto alla media, mentre il numero di annunci di lavoro che richiedono almeno una competenza verde è cresciuto del 15% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Come dire: tutto si può fare, tranne che boicottare il futuro.
(In copertina, foto di Ciro Fusco)