
Il divario economico tra il Nord e il Sud d’Italia non accenna a diminuire: anzi, si allarga ulteriormente. Lo si evince da due dati resi pubblici in questi giorni. Il primo proviene direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il secondo da Confcommercio.
Nel primo caso, a dirlo è il report sulle dichiarazioni dei redditi. Esse sono divise in base ai codici di avviamento postale e quindi facilmente sovrapponibili alle dimensioni sub-comunali. E da questo schema si evince che Napoli, la capitale del Mezzogiorno, è l’area metropolitana più povera d’Italia. E che, significativamente, il suo quartiere più ricco, Chiaia, fa segnare un reddito medio di 42mila euro: l’equivalente, vale a dire, di un reddito medio-basso di Milano.
Il secondo dato che fotografa una distanza notevole tra Nord e Sud del Paese arriva poi, come accennato, da uno studio di Confcommercio. Carlo Sangalli, il presidente della confederazione, l’ha messa così: “L’importanza del Sud si riduce drammaticamente in termini di produzione di ricchezza. Esso pesa poco più di un quinto quando negli anni Novanta valeva quasi un quarto del Pil nazionale”. Nello specifico, l’ufficio studi di Confcommercio prevede che, a livello nazionale, il Pil e i consumi cresceranno nel corso di quest’anno dell’1,2% e dell’1% (e nel 2024 dell’1,3% e dell’1,1%).
Ma che il Mezzogiorno continuerà ad arrancare. Il suo Pil, infatti, farà segnare un misero +0,5%. Addirittura ci saranno regioni, come Calabria e Sardegna, a crescita zero mentre la Lombardia metterà a segno un +1,7%. Non è altro che l’apice di una crisi che viene da lontano se è vero che la scarsa crescita del Mezzogiorno sta causando da decenni un suo spopolamento: rispetto al 1995, si contano ben 900mila residenti in meno. E regioni come Molise, Calabria e Basilicata hanno perso tra l’11 e il 12% della popolazione. Di conseguenza, nel Sud, nel corso degli ultimi 30 anni, è diminuito anche il numero totale di lavoratori (-1,7%, con la Campania che fa segnare -5,2% e la Calabria -7,2%) a fronte del +13,1% del Centro, del +11,6% del Nord-Est e del +6,9% del Nord-Ovest.
Questo si traduce nel fatto che il contributo del Sud al Pil italiano tra il 1995 e il 2023 è diminuito dal 24,1% al 21,7%. L’unico settore che, secondo Confcommercio, dimostra di tenere anche nel Mezzogiorno è quello delle imprese dei servizi di mercato. Quest’ultime, rispetto al 2012, sono cresciute del 6,2%. Infine, la confederazione evidenzia il fatto che continua l’espansione del settore terziario nell’economia italiana. Tant’è che la stessa Confcommercio fa sapere di aver toccato un record storico: ormai rappresenta il 54,8% delle imprese italiane.