Per essere produttivi e amare il proprio lavoro, una buona paga non basta. Sempre più lavoratori, infatti, desiderano avere una azienda che stia vicina loro sotto l’aspetto del welfare, della salute e del benessere in generale. Lo ha rilevato un sondaggio di Mercer Marsh Benefits, società del gruppo Marsh McLennan che offre consulenza in ambito benefit, interpellando 17.500 lavoratori a livello mondiale impegnati in 16 mercati diversi. Di questi, oltre 1.000 sono italiani. Nello specifico, 3 dipendenti su 4 che hanno accesso a un piano di benefit ricco hanno affermato che non lasceranno mai la propria azienda.
Ampliare la copertura sanitaria, quindi, fa la differenza. Del resto, questo emerge anche in sede di rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Qui le parti stanno puntando molto sul rafforzamento dei fondi sanitari e delle coperture oltre che sull’iscrizione generalizzata dei lavoratori. Musica per le orecchie dei sindacati che, sottolineando quest’aspetto, non si sono schierati a favore del salario minimo stabilito per legge: la contrattazione, hanno avuto modo di spiegare, non è una partita che vede al centro solo la busta paga.
Ma tant’è: dal sondaggio di Mercer Marsh Benefits emerge un quadro di stress, ma anche una maggiore consapevolezza da parte dei lavoratori dei propri bisogni in termini di salute fisica e mentale. Per questo, i lavoratori che saranno soddisfatti dell’offerta di soluzioni e servizi a supporto della salute e del benessere generale saranno portati a creare con la propria azienda un legame solido, di vera e propria fidelizzazione.
Al contrario, soprattutto dopo la pandemia, un lavoratore che non si sente protetto dall’azienda rispetto alla sua salute, fisica e mentale, proverà minore coinvolgimento e sarà anche meno produttivo. Che per amare il proprio lavoro i soldi non sono tutto lo dimostra anche il fatto che un lavoratore su tre sarebbe disposto a rinunciare a un aumento salariale in cambio di una maggiore copertura sanitaria per sé e per i propri familiari.
Ma il dato che fa riflettere è che in Italia solo il 48% si sente effettivamente protetto. A cosa è dovuto questo risultato? Secondo Mercer Marsh Benefits non solo perché, qui da noi, la spinta inflazionistica ha eroso il potere di acquisto dei lavoratori, ma si assiste anche a un progressivo collasso del sistema sanitario nazionale, dove aumenta la difficoltà di accesso a esami diagnostici e a visite specialistiche, ma anche ad interventi chirurgici più o meno urgenti.
In conclusione, quindi, si può affermare che solo le aziende che sapranno pianificare strategicamente la propria offerta di benefit legati alla salute vinceranno la sfida dei talenti, risultando più attrattive soprattutto per i lavoratori in entrata. Ad esempio, la cosiddetta Generazione Z, ossia i nati tra il 1997 e il 2012, che entro il 2025 rappresenterà il 27% della popolazione aziendale, dichiara nel 62% dei casi di decidere di rimanere nell’azienda in cui lavora in base ai benefit che riceve. Una consapevolezza crescente: la generazione ad essa precedente, si è fermata al 42%.