
Con il nuovo anno, si potrà iniziare a fare domanda per ottenere l’Assegno di inclusione, lo strumento che, dal 2024 per l’appunto, manderà in pensione il vecchio Reddito di cittadinanza.
Ma quali sono le novità? La prima è senz’altro quella degli impegni che chi riceverà il nuovo assegno dovrà prendere per continuare ad incassarlo. I beneficiari dovranno firmare il “patto di attivazione digitale” sulla piattaforma Siisl. Qui dovranno essere indicati i recapiti telefonici, le mail o si potranno verificare direttamente le comunicazioni.
Entro 120 giorni, poi, i beneficiari dell’assegno dovranno presentarsi ai servizi sociali per aderire a un percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa. Se non lo fanno, l’assegno sarà sospeso. Inoltre, ai servizi sociali dovranno presentarsi ogni tre mesi per un aggiornamento sugli (eventuali) progressi fatti. Chi non si presenta senza un giustificato motivo, perderà il diritto a ricevere l’assegno.
Chi, all’interno del nucleo familiare, è in grado di lavorare, invece, dovrà sottoscrivere un patto per il lavoro con i Centri per l’impiego. Qui valgono le stesse regole. L’accordo dovrà essere firmato entro 120 giorni dalla domanda dell’assegno, e ogni tre mesi il beneficiario dovrà presentarsi per una verifica dei progressi fatti nella ricerca di lavoro o nei percorsi formativi. Altrimenti anche in questo caso decadrà dal beneficio.
Sta di fatto che le novità non finiscono qui. Innanzitutto, l’assegno di inclusione potrà essere chiesto soltanto in modalità telematica all’Inps mediante iscrizione alla piattaforma di attivazione per l’inclusione sociale e lavorativa presente nel Siisl, il nuovo sistema informativo dell’Inps. Le domande potranno essere presentate anche tramite i patronati e, dal 2024, tramite i Caf. Ma i Comuni potranno offrire assistenza alla presentazione delle domande presso i servizi di segretariato sociale.
Ma chi avrà diritto al nuovo assegno? La riforma prevede che possano accedere al sussidio i nuclei che hanno al loro interno persone che non sono attivabili al lavoro, come le persone con disabilità, i minorenni, e familiari ultrasessantenni oltre a chi si trova in condizioni di “svantaggio sociale”. Vale a dire? Le persone con disturbi mentali, quelle che hanno una disabilità fisica e psichica di almeno il 46%, le persone che hanno dipendenze da alcol o da gioco, le vittime di genere, quelle di tratta, i senzatetto, gli ex detenuti nel primo anno successivo alla fine della pena, i neo maggiorenni che vivono fuori dalla famiglia di origine per decisione dell’Autorità giudiziaria.
Chi nel proprio nucleo familiare ha una persona in condizioni di svantaggio, dovrà autodichiarare di avere tutte le carte che lo dimostrano. Toccherà poi all’Inps effettuare una verifica preventiva.
L’assegno di inclusione, che è una integrazione del reddito familiare fino a euro 6.000 annui, o 7.560 euro annui se il nucleo familiare è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni o da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza, moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, potrà essere erogato suddividendo l’importo tra i componenti maggiorenni del nucleo familiare. In questo caso, ogni componente avrà una sua carta sulla quale verrà caricata la somma di competenza.
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