72 visualizzazioni 3 min 0 Commenti

Il lavoro ideale degli italiani è in un ambiente con senso di comunità

Le priorità, dopo la pandemia, sono cambiate: l'indagine di Randstad Workmonitor

Soprattutto da dopo la pandemia, per gli italiani è sempre più importante lavorare in un buon ambiente, dove le relazioni umane contano quanto le performance. È questo il risultato principale di una nuova indagine Randstad Workmonitor, che ha intervistato 750 lavoratori italiani, tra i 26.800 intervistati a livello globale in 35 Paesi.

Lo studio evidenzia un forte desiderio di socialità, con un impatto significativo sulla produttività e sul benessere psicologico. L’89% dei dipendenti italiani dichiara di lavorare meglio in un clima di collettività, mentre l’88% afferma che la conoscenza dei colleghi aumenta la propria efficienza.

Per l’87%, il luogo di lavoro dovrebbe essere una vera e propria comunità. E non si tratta solo di numeri: l’89% dei lavoratori italiani considera il senso di comunità fondamentale per la propria salute mentale. Il 76% ha persino stretto amicizie con i colleghi, e per l’85% queste relazioni hanno avuto un impatto positivo anche sulla vita personale, grazie alla varietà di esperienze e punti di vista.

Questo bisogno di comunità è così forte che il 57% degli italiani cambierebbe lavoro se non si sentisse a proprio agio nell’ambiente attuale – un dato in aumento del 30% rispetto all’anno precedente. Addirittura, il 42% rifiuterebbe un’offerta di lavoro se l’azienda non dimostrasse un impegno attivo per promuovere una cultura positiva e di squadra. Per gli italiani, questa comunità si costruisce principalmente di persona: l’84% preferisce costruire relazioni dal vivo, piuttosto che a distanza.

Il 79% ritiene che la presenza in ufficio migliori la produttività, e addirittura il 71% afferma che ciò contribuisce a un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata. Questo non significa un ritorno al passato, né una condanna dello smart working: il 35% lascerebbe il proprio lavoro se gli venisse richiesto di trascorrere più tempo in ufficio. La mancanza di flessibilità oraria è la terza ragione (45%) per rifiutare un’offerta di lavoro, dopo la mancanza di benefit e di opportunità di carriera. La soluzione ideale sembra essere un approccio ibrido, che coniuga la flessibilità dello smart working con le relazioni di persona. Attualmente, il 28% dei lavoratori intervistati è sempre in ufficio, il 12% lavora un giorno a settimana da remoto, il 19% due giorni, il 6% tre, il 4% quattro e il 9% lavora tutti i giorni da casa. Ma la preferenza, se potessero scegliere, sarebbe per un solo giorno (27%) o due giorni (25%) di smart working a settimana.

 

 

Avatar photo
Redazione - Articoli pubblicati: 986

Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

Twitter
Facebook
Linkedin
Scrivi un commento all'articolo