
L’ultima tirata di orecchie è arrivata dall’Ocse: l’Italia si conferma il Paese dove c’è una maggiore sproporzione tra tasse sul reddito e tasse sul patrimonio. Per intenderci: le prime tassano gli stipendi e le altre fonti di reddito, come i redditi da investimenti che sono tassati al 26% e i redditi derivanti da una casa in affitto che sono tassati al 21%. Le seconde tassano la ricchezza. Tra queste c’è anche l’imposta sulle successioni, la tassa attorno alla quale la politica più ideologizzata non ha mai smesso di ronzare.
Perché? Partiamo dal dato secondo il quale le imposte sui redditi da lavoro in Italia sono tra le più alte dell’Ue, mentre quelle sulle successioni tra le più basse. E questo fa sì che la pressione fiscale gravi maggiormente sui lavoratori che su chi ha grandi patrimoni.
Nel 2022, l’Italia ha raccolto 1 miliardo di euro dalle imposte di successione, pari allo 0,05% del Pil, a fronte di 250 miliardi di euro di eredità tassabili: un dato che si colloca ben al di sotto di quello di altri grandi Paesi europei.
Ma come si applica l’imposta sulle successioni alle eredità e alle donazioni? Tra vivi, con aliquote e franchigie – soglie sotto alle quali le imposte non si applicano – variabili a seconda del grado di parentela tra donatore e beneficiario.
Per coniugi e parenti in linea diretta (figli, nipoti, genitori), l’aliquota è del 4% e ciascun beneficiario ha una franchigia di 1 milione di euro. La franchigia è la soglia sotto la quale non si applicano imposte di successione.
Per fratelli e sorelle, l’aliquota sale al 6% con una franchigia di 100 mila euro, mentre per altri parenti fino al quarto grado si applica un’aliquota del 6% senza franchigia. Tutti gli altri soggetti sono tassati all’8% senza alcuna franchigia.
Altri Paesi europei adottano aliquote più alte e franchigie più basse. Ad esempio, in Francia, le aliquote possono raggiungere il 60%, in Germania il 30%, nel Regno Unito il 45%, e in Spagna il 34%. Di conseguenza, la Francia, ad esempio, ha raccolto 18,6 miliardi di euro nel 2021, pari allo 0,7% del Pil. Germania, Regno Unito e Spagna hanno tutti registrato gettiti molto superiori in rapporto alle dimensioni delle loro economie.
Forse anche per questo sarebbe il caso di una riforma in tal senso, privilegiando il lavoro anziché la rendita.