
Ormai ci siamo: l’estate è dietro l’angolo. E in Italia è prevista una stagione record sul fronte del turismo. Le stime parlano di presenze che dovrebbero superare quota 500 milioni. Ma, a fronte di questo grande flusso, nel settore, ci sono almeno 100mila posizioni di lavoro che non si riescono a coprire. Quella del 2023, quindi, rischia di passare alla storia come l’estate dei lavoratori introvabili. Tra cuochi, pasticceri, personale di sala, baristi, addetti alla reception degli alberghi e altre figure simili, secondo Confesercenti, il personale che manca all’appello è davvero ragguardevole. Più di una impresa su tre, il 36% secondo un sondaggio Swg, ha difficoltà a reperire personale. Ma perché in un Paese affamato di lavoro come l’Italia c’è questo corto circuito? Le ragioni, in realtà, sono tante.
Ad esempio: mancano 7 mila autisti di bus turistici perché in pochi hanno la patente adatta. E mancano moltissime guide turistiche nazionali perché da oltre 10 anni il settore attende di essere riformato e non si fanno più esami di abilitazione. In ogni caso, a frenare il lavoro nel settore turistico, per Confesercenti, oltre la mancanza di candidati con adeguata preparazione (fattore che pesa per il 46%, sempre secondo la rilevazione Swg) e la carenza di candidati (28%), c’è un malcontento diffuso per le paghe e i trattamenti che vengono proposti al personale (nel 19% dei casi). La stagionalità, che rimanda a una precarietà di base del lavoro, di certo non aiuta per il 61%.
Pesa poi l’impegno da garantire soprattutto nei giorni festivi (per il 60%). E, soprattutto, la consapevolezza che il turismo e il commercio sono campi dove c’è pochissima possibilità di crescita professionale (55%). Come risolvere questo problema allora? Per Confesercenti, la soluzione potrebbe essere trovata in una maggiore flessibilità contrattuale, rafforzando le politiche attive e per la formazione e proseguendo con la riduzione del cuneo fiscale, reintroducendo anche i voucher e il cosiddetto job sharing ed eliminando, infine, il tetto ore minime che molti contratti ancora impongono per il part time.