Luisa Rosti, docente di economia del lavoro presso l’Università di Pavia, sul Sole 24 Ore di oggi ha affrontato uno dei nodi del mercato del lavoro italiano: vale a dire il numero troppo basso di laureati:
“In Europa – ha argomentato la professoressa – i laureati sono il 35% della popolazione in età 25-64 anni, mentre in Italia la loro quota scende al 22%: solo la Romania ha meno laureati di noi. In Lussemburgo e in Irlanda più della metà della popolazione è laureata, in Germania la percentuale dei laureati supera il 33%, in Spagna il 41%, in Francia il 42%, quasi il doppio rispetto all’Italia.
Anche considerando solo la popolazione più giovane, nella classe d’età 25-34 anni, la situazione non migliora: i laureati sono il 43% in Europa e il 31% in Italia”
Sta di fatto che il sistema produttivo italiano dovrebbe usare i pochi laureati tutti e subito. Invece il loro tasso di occupazione, a tre anni dal conseguimento del titolo, non supera il 72% contro 85% della media europea.
Perché? si chiede Rosti: “Secondo i dati Almalaurea, la destinazione prevalente dei laureati è l’insegnamento. Quasi un neolaureato su quattro è occupato nel settore dell’istruzione (23%), e questa quota non cambia neppure per i laureati delle discipline di area Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Al secondo posto si posizionano le attività di consulenza (14%), e al terzo posto si classifica il settore sanitario (12%); segue poi la dispersione in tutti gli altri settori, nessuno dei quali aggrega una quota di occupati a due cifre”.
Il nodo, stando alla docente, può essere proprio questo: “La differenza più marcata tra l’Italia e la media europea si riscontra in due settori: nel settore dell’istruzione, che nel nostro Paese assorbe il 24% dei laureati contro il 17% in Europa, e il settore sanitario, che in Italia occupa il 19% dei laureati contro il 13% della media europea. I nostri laureati sono invece meno presenti nelle attività manifatturiere (11% contro 13%) e nella pubblica amministrazione (9% contro 11%). Il nostro sistema produttivo non ha bisogno di laureati perché le imprese italiane sono troppo piccole? – si chiede allora Rosti – Le statistiche sulla business economy di Eurostat confermano che il 95% delle imprese italiane ha meno di 10 occupati, ma anche la media europea si attesta al 94%, e in 21 dei 27 Paesi dell’Unione la quota di piccole imprese è maggiore, e non minore, rispetto a quella italiana. Ma i giovani laureati sono di più”.
In conclusione, è questa la riflessione della professoressa Rosti: bisognerebbe capire bene ciò che si studia e cercare di metterlo a disposizione del cuore del nostro mercato del lavoro.