Da dove viene l’inflazione che perturba le nostre vite? Perché ha fatto aumentare la diseguaglianza? Perché, come una marea, sembra ora ritirarsi? Cosa ci riserverà il futuro? Sono tutte domande che si chiede Francesco Saraceno in “Oltre le banche centrali” con sottotitolo “Inflazione, diseguaglianza e politiche economiche” edito da Luiss e in libreria da questi giorni.
“Mai come negli ultimi anni, la querelle tra accademici ha avuto un impatto così forte su di noi – spiega il professore di Macroeconomia internazionale a Sciences Po di Parigi e alla Luiss nonché editorialista di Domani e formatore per il Fondo Monetario Internazionale e per l’Organizzazione Internazionale del Lavoro – Le scelte delle banche centrali possono radicalmente cambiare l’esistenza di famiglie e imprese strette tra potere d’acquisto in crollo verticale, crisi geopolitiche e incertezza sul futuro. Come sempre, la storia aiuta a capire come districarsi nel mondo d’oggi”.
Tra la critica delle ricette monetariste e l’analisi degli effetti distributivi dell’inflazione, Saraceno delinea politiche alternative che consentano di riportare le nostre economie verso una crescita più equa e sostenibile con al centro anche il lavoro.
In particolare, secondo il professore, “sarà interessante seguire l’esperimento spagnolo. Alla fine del 2021, nel quadro del Pnrr, il governo Sanchez ha introdotto una riforma del mercato del lavoro che limita la durata dei contratti temporanei, reintroduce la contrattazione collettiva e introduce altre misure volte a ridurre la precarietà. I primi risultati della riforma – fa presente sempre Saraceno nel libro – sono molto incoraggianti, visto che occupazione totale e partecipazione al mercato del lavoro non si sono ridotte, anzi: sono al massimo dai primi anni Duemila nonostante l’aumento significativo della percentuale di contratti a tempo indeterminato. Se queste tendenze saranno confermate – è la conclusione del docente – la Spagna avrà mostrato che la flessibilità e la precarizzazione non sono condizioni necessarie per avere un mercato del lavoro dinamico, e che è possibile perseguire la piena e buona occupazione allo stesso tempo”.