Libere professioni in ripresa ma ancora sotto i livelli pre Covid: nel 2023 ne sono stati contati circa un milione 360 mila unità, con una crescita rispetto al 2022 dello 0,8% (circa 10mila unità in termini assoluti), ma nel complesso sul 2019 l’aggregato perde circa 67 mila addetti.
Se nel 2019 gli occupati in regime di libera professione valevano il 6,2% dell’occupazione totale, nel 2023 il loro peso cala al 5,8 per cento. Particolarmente significativo, all’interno di queste cifre, è il fattore dimensionale: la riduzione rispetto al 2019 è collegata ai liberi professionisti senza dipendenti (-5,6%), mentre sono cresciuti, seppur di poco, i datori di lavoro (+0,6%). Piccolo, o meglio monade, è un elemento di debolezza che rischia di costare la presenza sul mercato.
A dirlo, il nono Rapporto sulle libere professioni in Italia, promosso da Confprofessioni.
A livello territoriale, il Nord Est registra un calo anche nel 2023 (- 5,5%) mentre spiccano in positivo i dati del Centro Italia (+4,5%) e del Mezzogiorno (+3,0%), che costituisce peraltro l’unica ripartizione caratterizzata da un saldo occupazionale positivo anche nel confronto con il periodo pre pandemico.
In questo universo, le donne costituiscono il 35,3%, in tendenziale aumento, ma nel Mezzogiorno il dato è sotto la media collocandosi intorno al 32%. L’invecchiamento demografico si riflette sull’insieme: un libero professionista su due ha un’età superiore a 48 anni e uno su quattro ha superato i 57 anni di età; la componente femminile è più giovane di quella maschile. I settori di attività più rilevanti sono le professioni scientifiche e tecniche, immobiliare, noleggio e agenzie di viaggio (soprattutto uomini) e sanità e istruzione (soprattutto donne).
Infine, sempre con riferimento al 2023, il 77,7% delle libere professioniste possiede una laurea, contro il 58,7% dei colleghi maschi; si riscontra un lieve calo dei laureati rispetto al dato del 2019 dovuto alla componente non ordinistica, dove il titolo terziario non costituisce presupposto per l’attività.