Evidentemente, la campagna ‘Un posto fisso è un posto figo’ lanciata esattamente un anno fa dal ministero della Pubblica amministrazione guidato da Paolo Zangrillo ha colto nel segno: nei primi otto mesi di quest’anno la macchina dei concorsi pubblici ha viaggiato a velocità senza precedenti, perché da gennaio sono stati lanciati 13.274 bandi che hanno messo in palio 288.558 posti, cioè 2,7 volte (+176%) quelli aperti nel 2023. E soprattutto ha raccolto la cifra record di due milioni di candidature.
Com’è ovvio, l’ampia maggioranza dei concorsi (79%) è stata arrivata dalle amministrazioni locali. Ma altrettanto naturalmente sono i bandi delle Pa centrali a raggiungere le dimensioni maggiori (in media 49 posti per ogni concorso, contro i 14 degli enti locali) con il risultato che il panorama delle posizioni è diviso a metà fra enti centrali e territoriali.
Per intuire le caratteristiche degli italiani interessati all’impiego pubblico si può guardare agli oltre 1,7 milioni di persone che si sono registrate a InPa, il portale del reclutamento: il 55% è donna, e il Centro-Sud è molto più rappresentato in una graduatoria generale guidata da Lazio (188.444 iscritti), Campania (175.438) e Sicilia (128.791). La prima regione del nord è la Lombardia, che pur sommando da sola gli abitanti di Lazio e Campania arriva solo quinta con 100.086 utenti.
Sta di fatto che bisogna tener conto del fatto che a far crescere le cifre contribuisce anche una quota di candidature plurime, che portano poi l’interessato a scegliere il posto più attraente fra quelli ottenuti superando le selezioni, moltiplicando dunque anche le rinunce.
In ogni caso, il ruolo del Pnrr si fa vedere bene nella graduatoria dei concorsi più gettonati, aperta dalla selezione del ministero della Giustizia per 3.946 posti nell’Ufficio del processo, su cui si sono affollate 72.901 domande. Al secondo posto c’è il Viminale, 51.421 iscritti a un concorso che offre 1.248 posti.
Questa impennata di selezioni e candidature è la premessa necessaria ma non sufficiente per garantire il rinnovo profondo indispensabile a una Pa invecchiata nella lunga fase del turn over ai minimi. Se nei prossimi cinque anni andrà in pensione quasi un milione di persone, la matematica suggerisce che servano quasi 200mila assunzioni medie all’anno solo per mantenere inalterati i livelli di personale.