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Sud: export e medie imprese in crescita grazie alle tecnologie 4.0

Lo studio Mediobanca, Tagliacarne e Unioncamere (che avverte anche sui rallentamenti dovuti alla troppa burocrazia)

Meglio il Sud che il Centro Nord: nel 2024, fatturato ed export delle medie imprese meridionali sono migliorate di più. Lo si evince dal rapporto “La competitività delle medie imprese del Mezzogiorno tra percezione dei rischi e strategie di innovazione”, curato da Area Studi di Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere che analizza una realtà produttiva che nel Meridione conta 431 società manifatturiere di capitali a controllo familiare, ciascuna con una forza lavoro compresa tra 50 e 499 unità e un volume di vendite tra i 17 e i 370 milioni.

Analoga tendenza positiva per il Sud era stata registrata nel 2023, quando il fatturato delle medie imprese era aumentato del 2,7%, mentre quello delle imprese centro settentrionali calava 3,6%. Stesso discorso per l’export che, sempre nel 2023, era cresciuto del 4,4%, a fronte di un calo del 2,1% nelle altre macro aree del Paese. Nel 2024, poi, le medie imprese del Sud prevedono di raggiungere un incremento intorno al 2% del proprio giro d’affari e delle esportazioni, in contrapposizione ad un calo atteso da quelle del resto d’Italia rispettivamente dell’1,5% e del 4%.

Cosa ha reso le imprese meridionali più resilienti e dinamiche? Per il Centro studi di Mediobanca, Tagliacarne e Unioncamere, hanno avuto un ruolo importante gli investimenti nelle tecnologie 4.0: ne ha avviati o programmati l’87,3% delle medie imprese del Mezzogiorno, contro l’82,1% delle altre aree. Il Sud si dimostra, inoltre, ben orientato a proseguire gli investimenti in nuove tecnologie: il 41,3% delle medie imprese ha intenzione di iniziare a investire nell’intelligenza artificiale nei prossimi tre anni (contro il 37,5%), non solo per migliorare le attività, ma anche per realizzarne di nuove e più innovative. E lo farà anche grazie alle risorse previste dal Pnrr: quasi il 50% delle medie imprese del Sud ritiene che possano contribuire alla crescita economica del Paese (contro il 43% delle altre).

Tuttavia, si rilevano anche molte preoccupazioni, soprattutto a causa dell’eccessiva burocrazia e delle difficoltà nell’eseguire i progetti. La metà delle medie imprese meridionali valuta che il Piano Nazionale non apporterà alcun vantaggio.

“I dati confermano un interessante dinamismo del Sud che va sostenuto, anche incoraggiando il cammino intrapreso dalle medie imprese che si stanno rivelando un importante motore di sviluppo economico – ha avuto modo di dire il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – Tuttavia, preoccupano l’eccesso di burocrazia che rischia di ostacolare il percorso di crescita del Mezzogiorno e le difficoltà di trovare i profili adeguati a cavalcare la complessità delle sfide dei nostri tempi, a partire dall’intelligenza artificiale”.

La burocrazia, si sottolinea, rischia di compromettere la realizzazione del Pnrr entro i termini.

Altro nervo scoperto è quello delle risorse umane. Lo studio rivela che una impresa su tre assumerà stranieri: negli ultimi 24 mesi, oltre l’80% delle medie imprese ha dichiarato di aver avuto problemi legati a questa criticità; la quota si dimezza per le imprese delle altre aree (42,8%).

 

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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