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Sviluppo, dal 2024 tutto il Sud sarà Zona Economica Speciale

Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto: stop ai commissari, iter veloci e incentivi da 1,5 miliardi l'anno. Ma resta il dubbio se trasformare l’intero Mezzogiorno in una unica, grande Zes non equivalga nella pratica a più nessuna Zes

Dall’inizio del prossimo anno, non ci saranno più le otto Zone Economiche Speciali così come le abbiamo conosciute finora al Sud, ma tutto il Mezzogiorno sarà trasformato in un’unica, grande Zes. Lo ha stabilito il decreto per il Sud approvato ieri in Consiglio dei Ministri. A ricadere nella nuova giurisdizione sono Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

Cosa vorrà dire in pratica? Che in questi territori sarà applicato un credito d’imposta più ampio. Ma non solo: ci sarà una cabina di regia interministeriale presieduta dal ministro per gli Affari Ue, Sud, coesione e Pnrr, Raffaele Fitto, con il compito di coordinare, vigilare e monitorare nonché seguire le varie istruttorie tecniche.

Entro 60 giorni, un Dpcm definirà l’organizzazione della Struttura di Missione e da quel giorno cesseranno gli incarichi degli otto attuali Commissari straordinari. La Struttura di Missione elaborerà ogni tre anni un piano strategico Zes e potrà agire da stazione appaltante, anche col supporto di Invitalia.

Sta di fatto che bisognerà verificare sul campo la velocità dell’intero processo di passaggio a un’unica Zes. Non mancano le criticità: alcune aziende che hanno già pianificato investimenti evidenziano il rischio di una grande incertezza.

In ogni caso, un punto fermo è costituito dall’attuale credito di imposta per investimenti in beni strumentali per il quale viene fissata una dote di 1,5 miliardi annui dal 2024 al 2026. La copertura finanziaria arriverà per 500mila euro annui da fondi europei Fesr, mentre per il restante miliardo annuo si dovrebbe attingere alla riorganizzazione del Pnrr.

Ma per chi varrà l’agevolazione? Per gli investitori che realizzano progetti di grande taglia, di importo pari almeno a 200mila euro. Il limite massimo, per ciascun intervento, è fissato in 100 milioni di euro e il valore dei terreni e degli immobili non deve superare il 50% dell’investimento agevolato. Restano escluse le imprese dell’industria siderurgica, carbonifica, dei trasporti e delle relative infrastrutture, del settore energetico, della banda larga e dei settori credito-finanza.

La Zes unica, infine, godrà di speciali misure anti-burocrazia: i progetti di investimento verranno considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e potranno essere accelerati con la conferenza dei servizi semplificata, fino alla possibilità per la Presidenza del Consiglio di esercitare il potere sostitutivo. Resta il dubbio se trasformare l’intero Mezzogiorno in una unica, grande Zes non equivalga nella pratica a più nessuna Zes.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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