
Uno studio condotto da Manpowergroup, Ey e Sanoma ha verificato che il 75% dei lavori è destinato a cambiare con l’Intelligenza artificiale. Sta di fatto che, nel corso del summit di Davos, il Fondo Monetario Internazionale, pur abbassando quella percentuale al 60%, ha fatto lanciare l’allarme secondo il quale il 40% delle economie emergenti – dalla Cina all’India al Brasile –, il 26% dei Paesi a basso reddito e, appunto, il 60% delle economie più avanzate potranno essere letteralmente travolte.
Ma da questo studio dell’Fmi si evince ancora di più: l’Intelligenza artificiale è destinata ad aumentare le diseguaglianze sociali e ad aumentare il gap tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri se si sviluppa in maniera incontrollata.
A fronte di questa situazione, quindi, cosa si suggerisce di fare? A Davos si è data una risposta a questa domanda invitando a mettere la questione al centro dell’agenda politica globale al fine di agire in fretta per mitigare l’impatto che le nuove tecnologie avranno soprattutto sulle categorie di lavoratori più vulnerabili.
Sono decine le figure professionali che rischiano di scomparire per sempre: le loro mansioni saranno completamente sostituite dalle nuove tecnologie. Quali sono? Gli operatori nel settore del telemarketing o quelli dei call center, ad esempio. Ma anche i lavapiatti. In generale, tutte quelle figure “a bassa complementarietà con l’Intelligenza artificiale”. Sono invece al sicuro le professioni “ad alta complementarità”, come ad esempio i chirurghi, i giudici, gli avvocati: tutte figure che si avvalgono e che possono beneficiare del supporto dell’Intelligenza artificiale ma che non rischiano di essere rimpiazzate dalla capacità delle nuove tecnologie di riprodurre compiti finora legati esclusivamente all’intelligenza umana.
“Circa la metà dei posti di lavoro nel cui ambito agisce l’IA può trarre grandi benefici in termini di crescita della produttività – ha affermato la direttrice del Fondo monetario, Kristalina Georgieva – ma per l’altra metà le applicazioni legate all’Intelligenza artificiale potrebbero di fatto sostituire le mansioni attualmente svolte dagli umani con l’effetto di ridurre la domanda di lavoro, di portare a salari più bassi e a una riduzione delle assunzioni”.
Da qui il rischio di vedere aumentare le diseguaglianze: “Tuttavia, saranno le scelte dei Paesi nel definire i diritti di proprietà dell’IA, così come per le politiche redistributive e per le altre politiche fiscali a determinare in definitiva il suo impatto sulla distribuzione del reddito e della ricchezza. Per questo – ha sottolineato la Georgieva – è cruciale che tutti i Paesi mettano in campo reti di sicurezza sociale omnicomprensive per offrire programmi di riqualificazione professionale ai lavoratori più vulnerabili. Solo così potremo realizzare una transizione verso l’intelligenza artificiale più inclusiva proteggendo i livelli di vita e tagliando le ineguaglianze”.