Nei prossimi cinque anni, da qui fino al 2028, il fabbisogno occupazionale delle imprese e pubbliche amministrazioni italiane potrà arrivare fino a 3,9 milioni di occupati. La domanda maggiore di lavoro ci sarà per le necessità di sostituzione dei lavoratori in uscita, mentre la crescita dello stock occupazionale tra 2024 e 2028 sarà compresa tra 405mila e 832mila unità.
Certo, le variabili da prendere in considerazione per queste proiezioni sono molte: non da ultimo quelle legate al Pnrr. Nel caso di piena realizzazione degli investimenti, si stima possa attivare nel complesso circa 970mila occupati considerando sia gli effetti diretti che indiretti e sull’indotto.
Le filiere maggiormente beneficiate? Finanza e consulenza (con il 23% dell’impatto occupazionale complessivo del Pnrr), commercio e turismo (21%), formazione e cultura (12%), costruzioni e infrastrutture e altri servizi pubblici e privati (entrambe con il 10%).
A stabilirlo è il report sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2024-2028)”, elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Dal punto di vista territoriale, a determinare oltre il 18% dell’intero fabbisogno nazionale dello scenario positivo è la Lombardia – con un fabbisogno atteso di 709mila occupati – seguita dal Lazio (391mila unità, pari al 10,1% del totale), dal Veneto (326mila unità, 8,4%), dall’Emilia-Romagna (325mila unità, 8,4%) e dalla Campania (312mila unità, 8,1%).
Si stima che il fabbisogno di lavoratori immigrati da parte dei settori privati per il prossimo quinquennio potrebbe raggiungere le 640mila unità e inciderà maggiormente nell’agricoltura (35%) e nell’industria (28%), mentre a livello di filiera saranno particolarmente rilevanti i fabbisogni di moda (45,7%), mobilità e logistica (33%), agroalimentare (32,1%), legno e arredo (29,9%) e costruzioni e infrastrutture (29,4%).