227 visualizzazioni 3 min 0 Commenti

I precari di oggi che pensione avranno? Per salvarli c’è una proposta dei sindacati

Cgil, Cisl e Uil vogliono un assegno di garanzia. Il Governo ha fatto capire che non ci sono risorse sufficienti. Ma per i quarantenni rientranti nel calcolo contributivo c'è da scongiurare un vero e proprio dramma sociale

Domani si riapre il capitolo della riforma delle pensioni con un confronto tra il Ministero del Lavoro e i sindacati. Alcune decisioni sono obbligate visto che il 31 dicembre scadranno Quota 103, Opzione Donna e l’Ape sociale: tre possibilità che consentono di lasciare il lavoro prima dei 67 anni per la pensione di vecchiaia o i 42 e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) per quella anticipata. A

l centro del confronto ci sarà il tema della “pensione di garanzia” per evitare che i tanti precari di oggi si ritrovino in futuro con una pensione da fame.

L’ultimo rapporto su quest’argomento è della Corte dei Conti e si è soffermato sul destino dei lavoratori quarantenni ai quali si applica integralmente il calcolo contributivo della pensione introdotto con la riforma Dini entrata in vigore nel 1996.

Il 28% dei giovani, ha sottolineato la Corte, ha una retribuzione lorda sotto i 20mila euro annui, il che ha conseguenze dirette sul montante contributivo accumulato finora. Chi può stare tranquillo sono coloro i quali sono impiegati nel comparto sanitario e delle forze armate. Ma per tutti gli altri il montante appare relativamente modesto. Le posizioni peggiori sono da rintracciare tra i coltivatori diretti, con retribuzioni medie tra gli 11 e i 12 mila euro nel 50% dei casi e con un valore mediano del montante accumulato di appena 66mila euro; tra i parasubordinati (54mila euro) e tra chi oggi risulta disoccupato.

Nel settore privato, invece, sono le donne ad avere più problemi con un importo mediano accumulato finora di 117mila euro contro i 138mila degli uomini.

Per evitare un dramma sociale domani, quindi, è ora il momento di agire. Anche perché finora, con il sistema retributivo, si è messa una pezza prevedendo l’integrazione al minimo: per coloro i quali, vale a dire, avevano un montante leggero, è intervenuto lo Stato integrando la pensione fino a un livello minimo che l’ultima manovra ha aumentato a circa 572 euro al mese, 600 per gli over 75. Ma nel sistema contributivo, l’integrazione non è prevista e il lavoratore prenderà esattamente quanto maturato. Per i precari di oggi, quindi, si prospetta una pensione irrisoria.

Per questo, al tavolo delle trattative, Cgil, Cisl e Uil porteranno la proposta della creazione di una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, che consideri e valorizzi anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni per poter assicurare a tutti una pensione dignitosa, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale. Una proposta che deve fare i conti con le risorse che finora, hanno fatto capire il Governo e le forze politiche che lo sostengono, non ci sono. Ma la partita è quantomai decisiva per il futuro di migliaia di lavoratori. E solo all’inizio.

Avatar photo
Redazione - Articoli pubblicati: 888

Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

Twitter
Facebook
Linkedin
Scrivi un commento all'articolo