
Secondo gli ultimi dati diffusi da Istat, il tasso di disoccupazione italiano è calato al 7,8% con un incremento importante dell’occupazione femminile che ha fatto riscontrare 52mila unità in più sul mese e 217mila sull’anno. Sta di fatto che quest’accelerata non proviene omogeneamente da tutto il Paese, tutt’altro. A detta della Svimez, al Sud, il passo è ancora troppo lento: qui lavora solo il 35,3% delle donne con figli in età prescolare rispetto al 64% del Centro-Nord.
È del tutto evidente, quindi, come l’Italia sia ancora un Paese a doppia velocità. Complessivamente, a livello nazionale, il tasso di occupazione delle donne italiane con figli fino ai 6 anni è al 53,9% mentre è al 60,5% per chi ha figli dai 6 ai 17. Ma, per questa fascia d’età, nel Mezzogiorno, si conta un’occupazione al 40,8%. E, a livello europeo, tra le ultime 10 regioni dove si constata una disoccupazione femminile maggiore, ben 6 (Sicilia, Puglia, Molise, Campania, Calabria e Basilicata) sono italiane.
Ma cosa determina questi divari? Sempre secondo la Svimez, la risposta è da ricercare nella carenza di asili nido (e, quando ci sono, negli elevati costi per accedere al servizio) oltre che nella scarsa diffusione del tempo pieno nelle scuole dell’infanzia. Un problema che si trascina da tempo, che il Pnrr (con 4,6 miliardi, la previsione di 1857 nuovi asili nido e 333 nuove scuole materne entro il 2026) vorrebbe debellare, ma che incide ancora profondamente sui destini delle singole famiglie se è vero che il tasso di occupazione dei padri italiani è pari all’83,2% a fronte del 55,1% delle madri.
In particolare, con l’arrivo del secondo figlio, solo una mamma su due continua a lavorare. Nel 2022, ha sottolineato il rapporto “Le equilibriste” di Save the Children, il tasso di occupazione delle donne con un figlio è stato del 63%. E per quelle con due figli, del 56%. Tuttavia, si è rilevato che lavorano 9 papà su 10, anche con due figli o più.