
In una recente intervista rilasciata a La Stampa, Andrea Orlando, da ex ministro del Lavoro, ha spiegato di aver ascoltato con particolare interesse il passaggio del discorso di fine anno del Presidente Mattarella dedicato ai lavoratori sottopagati e senza diritti. Il perché è presto detto: il monito del Colle, secondo il rappresentante del Partito Democratico, è arrivato dopo un 2023 in cui “il governo Meloni ha adottato misure che hanno già cominciato ad accentuare le disuguaglianze sociali, molto più di quanto non abbia fatto il Covid”.
Insomma, la preoccupazione principale che ha esternato Orlando riguarda la volontà da parte dell’Esecutivo di “difendere la competitività sulla pelle dei lavoratori”.
E quindi, gli è stato chiesto: il no alla legge sul salario minimo rientra in questo ragionamento?
“Fa parte di una strategia – ha risposto Orlando – Si è scelto di cercare di essere competitivi non attraverso politiche industriali e crescita delle imprese, ma puntando su bassi salari e dumping sociale”.
E ancora: nelle prossime settimane il governo deve chiudere dossier complicati come quelli dell’ex Ilva o di Tim. Come la vede?
“Mi pare che sulle grandi crisi industriali il governo dei sovranisti stia lì ad aspettare le decisioni di multinazionali e fondi stranieri. Così ci condanneranno a comprare acciaio dalla Cina o dall’India e a regalare un asset fondamentale come Tim a un fondo americano”.
Altra domanda: per l’ex Ilva di Taranto la soluzione è un’iniziativa pubblica con Invitalia?
“L’intervento pubblico ora è l’unica soluzione per superare un rapporto con un partner che non ha alcuna intenzione di investire in Acciaierie Italia. Riprendere il controllo dell’ex Ilva – ha concluso Orlando – è un passaggio necessario per cercare altri partner”.