
Ora che il rientro si sta completando, che le ferie di agosto sono agli sgoccioli e che il prossimo sarà un lunedì super, di quelli con la L maiuscola, essendo il primo lunedì della ripresa settembrina, con quale spirito i dipendenti italiani si accingono a iniziare un nuovo anno lavorativo?
C’è un report della società di consulenza Gallup denominato “State of the Global Workplace” che li dipinge poco coinvolti, stressati e sfiduciati. Nel nostro Paese, appena un dipendente su venti si può definire “engaged”: è il dato europeo più basso.
Più nello specifico, secondo la ricerca della società americana, il 46% dei lavoratori italiani si dice stressato. E peggio di noi fanno la Grecia (con un tasso del 60%), Malta (al 56%), il Lussemburgo (a sorpresa al 51% assieme a Cipro) e l’Albania (47%). La Finlandia, il Paese confermato dal Word Happiness Report come il più felice del mondo, ha invece lo stesso dato dell’Italia (33esima nella stessa classifica): il 46%. Fanno decisamente meglio Germania (42%), Francia (40%), Spagna (36%) e Lettonia (22%).
Nella classifica europea dei Paesi con i lavoratori dipendenti engaged, invece, l’Italia si piazza all’ultimo posto con solamente il 5%. Sul podio, al contrario, si piazzano la Romania (col tasso del 35%), la Macedonia del Nord (29%) e l’Islanda (al 26%).
Davanti a questa situazione, qual è la reazione che lo stesso studio di Gallup evidenzia? Presto detto: il cosiddetto quiet quitting, quella pratica, vale a dire, per cui al lavoro si fa solo il minimo indispensabile per non essere licenziati, senza alcun tipo di entusiasmo rispetto alla propria attività. Questo fenomeno, riguarda addirittura il 59% dei dipendenti a livello globale. In Italia, poi, non fa altro che confermare una tendenza rilevata un mese fa dal Global Rework Report 2023 di Kelly Services, una società internazionale di personale d’ufficio per la quale, nel nostro Paese, ben il 33% dei lavoratori pensa di lasciare il proprio posto entro un anno perché scontento delle condizioni in cui si ritrova a farlo.