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Cassa integrazione e pensioni: la manovra finanziaria è già stravolta

In seno alla maggioranza di governo si è scatenata già la bagarre. Ma quantomeno si rivede la norma ammazza-Millennials

Doveva essere blindata, senza emendamenti. Ma la prima bozza della manovra finanziaria è stata già modificata dopo le proteste di Lega e Forza Italia, specie per quanto riguarda la cassa integrazione. Ma non solo: c’è un altro punto che è destinato a dividere ancora le forze di maggioranza. È quello delle pensioni.

Andando, quindi, con ordine. Ad oggi, le cose per la cassa integrazione stanno così: le imprese di interesse strategico nazionale con più di mille dipendenti che non abbiano ancora completato la riorganizzazione potranno usufruire per un ulteriore anno di quella straordinaria. Secondo le ultime bozze della legge di Bilancio, se queste imprese hanno “in corso piani di riorganizzazione aziendale non ancora completati per la complessità degli stessi”, potranno chiedere, in deroga alle norme in vigore che consentono una durata massima del trattamento straordinario di integrazione di 24 mesi in un “quinquennio mobile”, un ulteriore periodo di Cigs fino al 31 dicembre 2024 “al fine di salvaguardare il livello occupazionale e il patrimonio delle competenze dell’azienda”. Ma bisogna fare attenzione: per questa norma c’è un tetto di spesa fissato a 63,3 milioni.

Per le pensioni, invece: ad oggi, c’è un punto fisso in questo capitolo. E riguarda il taglio degli assegni a un gruppo di dipendenti pubblici: 700 mila persone che nei prossimi anni andranno in pensione con l’assegno decurtato, 30 mila lo faranno già nel 2024, consentendo allo Stato un risparmio miliardario: a regime, si parla di 7-8 miliardi.

E non è tutto: nelle ultime bozze della manovra, ci sono altre due novità. Intanto, sparisce l’anticipo (dal 2027 al 2025) dell’adeguamento alla speranza di vita che avrebbe portato tra poco più di un anno a 43 anni di contributi (dai 42 anni e 10 mesi attuali, uno in meno per le donne) quelli richiesti per la pensione anticipata. Ma poi il governo, dopo le critiche (vedi qui), è intervenuto ancora sulle pensioni dei Millennials, riservate, finora, con una norma che di fatto ammazzava sul nascere le loro velleità di una vecchiaia serena, solo ai lavoratori ricchi, con alti stipendi e carriera continua.

Il requisito per la pensione anticipata contributiva – a 64 anni e 20 di contributi per i post-1996 – viene alzato da 2,8 a 3 volte l’assegno sociale, non più a 3,3. Significa uscire solo con una pensione maturata pari a 1.500 euro, dai 1660 della prima bozza. Per le madri con un figlio, invece, rimane a 2,8 (1.400 euro). E scende a 2,6 solo per le madri con almeno due figli (1300 euro). In ogni caso, si inseriscono tetti agli importi e finestre che rendono complicato, se non impossibile, questo canale di uscita previsto dalla legge Fornero. Equiparato a una quota annuale e sperimentale qualsiasi.

E comunque: come accennato, a far molto discutere e a minare la tenuta della maggioranza sarà senz’altro il taglio alle pensioni dei dipendenti pubblici. I comparti entrati nel mirino del governo sono quattro: dipendenti degli enti locali, sanitari, insegnanti di asilo e scuole elementari parificate e ufficiali giudiziari. Per loro, si abolisce la tabella del 1965 che garantiva una aliquota di rendimento della pensione molto favorevole per gli anni lavorati tra il 1984 e il 1994 e la si sostituisce con una nuova tabella che comporterà tagli agli assegni.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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