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Occupazione record, ma sviluppo al palo: l’anomalia italiana

Una indagine di Ref ricerche

Occupazione al record del 62,5%, disoccupazione ai minimi storici al 5,7% per un totale di 24 milioni di occupati: mai il mercato italiano del lavoro è arrivato a toccare questi numeri.

Ma davvero possiamo dire di essere all’alba di un nuovo miracolo economico? Rispondere a questa domanda, in realtà, è più complicato di ciò che potrebbe apparire perché se, con l’occupazione, crescono anche le ore lavorate, non cresce la produttività. Calano i disoccupati ma i salari restano quasi fermi, perché di fatto recuperano poco di quello che hanno perso negli ultimi due anni a causa dell’inflazione. Anzi, per il gioco degli scaglioni di aliquota, l’aumento nominale delle retribuzioni ha prodotto un aumento del fiscal drag, il drenaggio fiscale, di quasi diciotto miliardi nel lavoro dipendente e di ventisei miliardi nell’economia nel suo complesso.

Perché lo hanno fatto? Ci sono diverse ragioni. La prima è che le imprese, prima ancora dei dati Istat, stanno registrando gli effetti del calo demografico in termini di disponibilità forze di lavoro: cala, e lo farà sempre di più, la popolazione in età lavorativa perché quelli che ne escono per raggiunti limiti di età sono più di quelli che entrano. Questo rende più oneroso, in termini di costi e tempi, trovare nuovi candidati da assumere.

Sta di fatto che le imprese industriali stanno portando sulle spalle l’economia italiana. Sono loro che dal 2019 ad oggi hanno creato quattrocentomila posti di lavoro in più.

Dalla pandemia in poi, l’industria ha ripreso coscienza del suo valore. Del resto, le manifatture hanno continuato a produrre Pil anche quando gli italiani erano chiusi in casa nei lockdown. Ed è stato il settore industriale a cogliere al balzo l’opportunità arrivata con le risorse europee per la ripartenza dopo la pandemia e per la digitalizzazione per cambiare pelle definitivamente. E infatti la qualità degli occupati ha iniziato a cambiare: oggi i nuovi occupati, quelli nella fascia di età tra venticinque e trentaquattro anni con un livello di istruzione superiore al diploma, sono oltre il 30%, mentre quelli a bassa qualifica sono al 19%.

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Redazione del quotidiano di attualità economica "Il Mondo del Lavoro"

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