
Quanto sia difficile affermarsi in Italia nel mondo delle professioni non è certo una notizia di oggi. Sta di fatto che sono di questi giorni altri due elementi che lo sottolineano una volta di più. Una riguarda gli avvocati, l’altra gli architetti.
Per i primi, secondo uno studio della Cassa Forense, il 6% ha un solo cliente: lo studio di un altro avvocato. Per i secondi, invece, il Consiglio nazionale evidenzia un enorme gender pay gap.
Andando con ordine, sono oltre il 5% degli oltre 240 mila avvocati iscritti alla Cassa forense ad aver dichiarato di conseguire tra il 91 e il 100% del proprio reddito da un altro avvocato. Sono i cosiddetti avvocati in monocommittenza, inquadrati come liberi professionisti, ma nella pratica con un unico cliente: uno studio legale. “Il nostro dossier – spiega Valter Militi, il presidente della Cassa forense – fotografa una realtà in evoluzione e ha l’obiettivo di comparare la normativa italiana con quella degli altri stati europei al fine di fissare il punto di partenza di una approfondita riflessione in seno all’avvocatura”. Tanto più urgente, evidentemente, se è vero che lo stesso studio ha rivelato che l’età media dei professionisti monocommittenti è di 39,21 anni.
Per quanto riguarda gli architetti, invece, il loro Consiglio nazionale ha evidenziato che, su 157.763 iscritti complessivi, le donne sono 71.190 (il 45%). Esse, inoltre, hanno ampiamente superato gli uomini nella fascia d’età più giovane: quella degli under 35 dove rappresentano addirittura il 61% del totale. In generale, dal 2010 ad oggi, le donne nella professione sono cresciute del 13,9%. Sta di fatto che, per quanto riguarda l’articolazione dell’attività lavorativa, le donne scelgono di meno la libera professione: il 42,5% delle professioniste svolge lavoro autonomo contro il 57,9% degli uomini. Il motivo può essere ben spiegato dal fatto che le architette hanno un reddito inferiore addirittura del 54% rispetto agli uomini, un divario enorme e trasversale a tutte le età.