Secondo i dati dell’Osservatorio sul Women Empowerment di Teha Club presentato in occasione della Cinquantesima edizione del Forum di The European House -Ambrosetti, a Villa d’Este di Cernobbio, le lauree Stem possono fare la differenza, o meglio, possono accorciarla sul fronte lavorativo che mette a confronto gli uomini e le donne. Ma non sempre ci riescono.
In passato, le lauree Stem erano riservate agli uomini, ma adesso sono accessibili anche alle donne, che rappresentano il 34,9% dei laureati nei Paesi del G20.
Sta di fatto che se il tipo di laurea costituisce già un fattore di discriminazione, perché quelle scientifiche garantiscono stipendi più alti, tuttavia si riscontrano discriminazioni a sfavore delle donne anche all’interno degli stessi laureati Stem.
Ma non solo: la metà delle lavoratrici Stem ha sperimentato almeno una forma di discriminazione sul lavoro, contro il 19% degli uomini.
Anche quando guadagnano meglio degli uomini, o quanto gli uomini, le donne hanno difficoltà a gestire le finanze familiari, e persino le loro finanze personali.
Secondo un’indagine di Global Thinking Foundation, solo il 58% delle donne ha un conto corrente intestato personale, mentre il 12,9% ne ha uno intestato con il partner. La percentuale di donne con un basso tasso di alfabetizzazione finanziaria è in genere più alta di quella degli uomini, con l’unica eccezione della Germania dove la quota maschile è pari al 37% e quella femminile al 20%.
In Italia, le percentuali sono del 12% per gli uomini e del 30% per le donne, più del doppio.
In più, nel nostro Paese, non funziona molto neanche lo sbocco dell’imprenditoria, un canale che può rivelarsi decisivo per evitare discriminazioni sul lavoro: infatti le aziende femminili sono 1,3 milioni, il 22% del totale, contro la media europea del 32%. E il gender gap salariale ovviamente si estende alla pensione: è del 30%, contro una media Ue del 26%.