Si rilevano luci e ombre dagli ultimi dati Istat. E’ vero, infatti, che l’occupazione cresce, anche con i contratti a tempo indeterminato. Ma, purtroppo, è in salita anche il lavoro povero. Stipendi e salari sono sempre più leggeri. E la produttività del lavoro continua a non essere sufficiente.
Ma tant’è: il rapporto annuale Istat dice che, nel biennio 2022-2023, gli occupati sono cresciuti a ritmi sostenuti: +1,8 per cento in entrambi gli anni, sebbene a fronte di una crescita del Pil molto più contenuta. A trainare sono i servizi e le costruzioni (+16,2%). Queste ultime, in particolare, sono state spinte dal Superbonus.
Il tasso di occupazione nel 2023 si è attestato al 61,5%, guadagnando due punti rispetto al 2019. E’ il nostro record, sebbene in Germania, per fare un paragone, stiano 15,9 punti più avanti.
L’incidenza del lavoro a termine (sul totale dei dipendenti) è diminuita di 0,9 punti (sul 2019), mentre è salita la quota di occupati part-time (17,6% del totale). Per le donne l’incidenza di quest’ultimo è quattro volte superiore a quella degli uomini (rispettivamente 31,4 e 7,4%). E larga parte del lavoro part-time è involontario: ben il 54,8% dei lavoratori a tempo parziale infatti vorrebbe lavorare di più.
Capitolo lavoro povero: complice anche l’impennata inflattiva, emerge la questione salariale. Nel 2022 erano 4,4 milioni i dipendenti privati che si collocavano nella fascia a bassa retribuzione annuale (sotto la soglia del 60% del valore mediano): giovani, donne e stranieri sono i più penalizzati. Non solo. Tra il 2013 e il 2023 il potere d’acquisto delle retribuzioni lorde in Italia è diminuito del 4,5% mentre nelle altre maggiori economie dell’Ue27 è cresciuto a tassi compresi tra l’1,1% della Francia e il 5,7% della Germania. Secondo i dati dell’Indagine sul reddito e le condizioni di vita (Eu-Silc) nel 2022 la quota di occupati a rischio di povertà in Italia è all’11,5% mentre nell’Ue27 è l’8,5% del totale.
Nel 2023, l’incidenza di povertà assoluta in Italia è pari all’8,5% tra le famiglie e al 9,8% tra gli individui. Si raggiungono livelli mai toccati negli ultimi 10 anni, per un totale di 2 milioni 235 mila famiglie e di 5 milioni 752 mila individui in povertà. E il reddito da lavoro rischia di non essere più un argine al disagio economico: nei 10 anni infatti l’incidenza di povertà individuale tra gli occupati è passata dal 4,9% nel 2014 al 7,6% nel 2023.
Sul mercato del lavoro italiano, poi, rimane sempre il problema della produttività stagnante: il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto di solo l’1,3% tra 2007 e 2023, contro il 3,6% in Francia, il 10,5% in Germania e il 15,2% in Spagna.