
Il 12 giugno, si celebra la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, una piaga che negli ultimi anni è andata ad allargarsi anziché restringersi. Secondo l’ultimo rapporto congiunto Unicef-Ilo, infatti, nel mondo, sono ben 160 milioni i bambini e gli adolescenti tra i 5 e i 17 anni costretti a lavorare.
Un numero che la pandemia ha contribuito ad incrementare perché, negli ultimi 4 anni, si è registrato un aumento di 8,4 milioni di bambini-schiavi. Bambini che spesso, per circa 79 milioni di casi, sono impegnati in lavori potenzialmente pericolosi per la loro salute e il loro sviluppo psicofisico. E in Italia? Com’è la situazione nel nostro Paese? Le stime di Save the Children parlano di 336 mila minorenni tra i 7 e i 15 anni coinvolti nel lavoro minorile. Si parla di stime e non di dati precisi perché si tratta di un fenomeno ancora largamente sommerso e difficile da intercettare.
Sta di fatto che tra i 14-15enni, 1 su 5 lavora e tra questi il 27,8%, circa 58mila ragazzi, svolge lavori dannosi. I settori più interessati dal fenomeno sono la ristorazione (25,9%), la vendita al dettaglio (16,2%), le attività in campagna (9,1%), il lavoro in cantiere (7,8%), le attività di cura di familiari (7,3%), ma anche le nuove forme di lavoro online (5,7%) come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi o il reselling di prodotti.
Save the Children Italia, per carcare di intervenire in maniera più efficace su questo problema, chiede che venga realizzata un’indagine periodica a cura dell’Istat e che i Comuni intervengano attivamente per elaborare un Programma Operativo di prevenzione e contrasto del lavoro minorile. Gilbert F. Houngbo, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, l’ha messa così: “Quest’anno, la Giornata mondiale contro il lavoro minorile ha come tema “Giustizia sociale per tutti”.
Tuttavia, ciò che sta accadendo con il lavoro minorile è l’esatto contrario della giustizia sociale. Per la prima volta in 20 anni, il lavoro minorile è in aumento. Ma il lavoro minorile raramente avviene perché i genitori sono cattivi o non si preoccupano. Piuttosto, nasce da una mancanza di giustizia sociale.
L’antidoto al lavoro minorile indotto dalla povertà, quindi, è un lavoro dignitoso per gli adulti, in modo che possano sostenere le loro famiglie e mandare i figli a scuola, non a lavorare. Lavoro dignitoso significa porre fine al lavoro forzato, creare luoghi di lavoro sicuri e salubri e permettere ai lavoratori di organizzarsi e dare voce alle proprie esigenze. Significa, infine, porre fine alla discriminazione, perché il lavoro minorile spesso colpisce gruppi emarginati. Solo così potremo superare questa piaga”.